(di Paolo Petroni)
A cento anni dalla nascita, nel 1925,
il Museo Biblioteca dell'Attore di Genova ricorda il 27 marzo il
critico e studioso di teatro Sandro (Alessandro) D'Amico,
scomparso a Roma nel 2010, cui si deve per i Meridiani di
Mondadori l'edizione critica definitiva di tutta l'opera
teatrale di Luigi Pirandello, quattro grandi volumi frutto di un
immenso lavoro archivistico, storico e filologico durato anni.
L'istituzione, che fondò nel 1969 insieme a Luigi Squarzina e
Ivo Chiesa nel 1966, oggi divenuta Fondazione voluta dal Comune
e dal Teatro Nazionale di Genova, ne ricorderà l'impegno come
Conservatore sino al 1993 e l'azione determinante per la
crescita del suo patrimonio archivistico e documentario relativo
alla scena italiana e l'attività dei grandi attori italiani fra
Otto e Novecento (Salvini, Modena, Ristori, etc.). Parlerà del
suo operato l'attuale presidente Eugenio Pallestrini, cui
seguiranno gli interventi di Daniela Ardini, Carla Pierolero,
Enrico Campanati e Alessandro Tinterri.
Sempre presente, informato, capace di giudizi fini, mai
superficiali, espressi con serenità e magari una punta del suo
humour, Sandro (Alessandro) D'Amico, che per la sua attività nel
2001 ha ricevuto dall'Università di Roma Tre la laurea honoris
causa in Lettere, è stato testimone e memoria storica del nostro
teatro del Novecento, anche essendo figlio di Silvio D'Amico,
grande critico e riformatore delle nostre scene il cui archivio
è ora patrimonio del Museo biblioteca genovese, e quindi
cresciuto tra palcoscenico, attori, autori e registi, partecipe
delle due grandi opere create da suo padre, l'Accademia
Nazionale d'Arte Drammatica e la storica Enciclopedia dello
Spettacolo.
Proprio come redattore capo all'Enciclopedia iniziò a
lavorare dal 1949 al 1957, collaborando allora anche con il
nascente Festival dei Due Mondi di Spoleto. Tra il 1968 e il
1974 insegna Storia del Teatro all'Università di Lecce e poi a
Roma all'Accademia d'Arte Drammatica D'Amico, ormai intitolata a
suo padre, ed è presidente e animatore, dal 1998 fino al 2009,
dell'Istituto di Studi Pirandelliani e del Museo Casa di
Pirandello.
La sua passione teatrale aveva radici lontane: "Ha scritto il
mio amico Nando Taviani che la nostalgia è fisiologica ad ogni
cultura teatrale - disse in conclusione del suo discorso per la
laurea honoris causa - Verissimo. Tanto più vero mi appare oggi
che sono al termine del mio mestiere di spettatore. Il teatro,
arte che sembra vivere tutta nel presente, in realtà non si
dissolve nel nulla, lascia in noi tracce, e di quelle tracce è
fatta la nostra cultura teatrale, la nostra capacità d'intendere
i linguaggi del teatro. Nostalgia di emozioni incancellabili. A
quattro anni vidi Bonaventura sbucare dalle quinte e piombare in
scena con una capriola. Come non averne nostalgia?".
È con quello spirito che ha lavorato in Rai dal 1961
occupandosi per trent'anni, per il Terzo programma radio, delle
trasmissioni dedicate al teatro, contribuendo sostanzialmente
alla grande stagione del teatro alla radio, dove ha portato
grandi attori e registi quali Luigi Squarzina, Orazio Costa,
Giorgio Pressburger, ma anche con un occhio alla ricerca e
l'avanguardia, da Carmelo Bene a Carlo Quartucci. È in quegli
anni che grazie a D'Amico l'Italia ha conosciuto nuove realtà
drammaturgiche come quella spagnola o quella degli 'arrabbiati'
inglesi. Nel 1963, insieme con Fernando Di Giammatteo, curò una
serie di interviste ad attori e attrici protagonisti del
passaggio dal teatro degli anni del fascismo a quello del
dopoguerra: da Emma Gramatica a Tino Buazzelli e da Sergio
Tofano a Luchino Visconti. Negli anni Settanta si deve in gran
parte a lui la serie delle Interviste impossibili (di Ceronetti,
Eco, Manganelli, Sermonti, Calvino, Arbasino, Carlo Cecchi,
Paolo Bonacelli, e altri). Nel 1980 propose le prime letture
radiofoniche integrali di grandi romanzi, che furono iniziate
nel 1980 da Orazio Costa con le 82 puntate dei Promessi Sposi.
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