È un autoritratto personale ma
anche collettivo quello che Davide Enia mette in scena per
raccontare la terribile quotidianità violenta di Cosa Nostra, un
monologo intimo ma anche un'orazione civile che, dopo il debutto
la scorsa estate al Festival di Spoleto, arriva dal 25 marzo al
17 aprile al Piccolo teatro Grassi di Milano e continua una
tournée che - spera l'autore, regista e attore - arriverà il
prossimo anno nella sua Palermo, la città dove è nato, dove a
otto anni ha visto il primo morto ammazzato, mentre tornava a
casa da scuola.
Non a caso proprio 'Autoritratto. Istruzioni per sopravvivere
a Palermo' è il titolo del libro edito da Sellerio, che Enia ha
ricavato dall'opera.
Il suo racconto personale si incastra con la storia del
Paese: gli insegnanti del liceo, quello di religione don Pino
Puglisi, ucciso davanti al portone di casa nel giorno del sui
56/o compleanno, una normale sera d'estate con le finestre
aperte quando senti un boato terribile e corri giù a vedere,
praticamente davanti a casa tua, l'orrore dell'attentato a Paolo
Borsellino. E la strage di Capaci che ti colpisce talmente, da
non ricordarti più nulla del 23 maggio 1992. È un racconto
autobiografico, ma anche il racconto di una "nevrosi" collettiva
che porta a "minimizzare o mitizzare" la mafia.
Il racconto si fa precisione storica ricavata dall'incontro
con tre funzionari della Dda, che hanno arrestato da Brusca a
Michele Greco a Totò Riina. Perché l'emozione non toglie nulla
alla precisione terribile nel riferire i fatti come l'omicidio
del piccolo Giuseppe di Matteo. E anche le musiche composte e
scritte sul palco da Giulio Barocchieri sono controcanto e
colonna sonora. È un racconto Autoritratto, ma anche una
necessità perché "il silenzio si ammanta di male, come diceva
Battiato, che ieri avrebbe compiuto 80 anni" ha spiegato Enia,
convinto di due cose: "Non possiamo pensare di sconfiggere la
mafia se non emergono le verità" che le istituzioni non hanno
ancora detto, come chi abbia chiamato da Roma per avvisare quale
aereo avrebbe preso Falcone, e non si deve mirare a una
sconfitta militare della mafia, ma "culturale perché altrimenti
quando tagli la testa a Cosa Nostra ne viene fuori un'altra".
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