La "chiamata del presente" e il
"saluto romano", realizzati "in concreto" da "circa 1000"
giovani, erano ben lontani dal "costituire condotta
potenzialmente idonea alla ricostituzione del partito fascista",
ma hanno avuto "solo una specifica valenza di omaggio e di
ricordo del giovane trucidato per le sue idee politiche".
Lo scrive il Tribunale di Milano nelle motivazioni della
sentenza con cui, il 28 novembre scorso, ha assolto con formula
piena, "perché il fatto non sussiste", 23 militanti di estrema
destra che erano imputati per "manifestazione fascista", sulla
base dell'articolo 5 della legge Scelba, per aver risposto alla
chiamata del "presente" e aver fatto saluti romani al corteo che
si era tenuto, come ogni anno, il 29 aprile 2019 alla memoria di
Sergio Ramelli, militante del Fronte della Gioventù ucciso da un
commando di Avanguardia Operaia nel 1975.
Si tratta di una delle prime sentenze a Milano - dove negli
anni ci sono stati numerosi processi sui saluti romani con esiti
altalenanti - arrivata dopo la pronuncia della Cassazione a
Sezioni unite dell'aprile 2024, che ha messo una serie di
paletti per i giudici da valutare e "da cui poter ricavare" nel
caso "un concreto pericolo di riorganizzazione del partito
fascista" per configurare il reato.
La Procura aveva chiesto 23 condanne a pene comprese tra i 2
e i 4 mesi per militanti di movimenti come Lealtà Azione, Forza
Nuova e Casapound. Tra i difensori gli avvocati Antonio
Radaelli, Mario Giancaspro, Luca Procaccini, Enrico Giarda,
Leonardo Peli. Nel processo era parte civile l'Anpi, con
l'avvocato Federico Sinicato.
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