Il re della festa è tornato. Emozionato, riconoscente (alla vita e ai fan, "grazie di avermi aspettato"), segnato nel corpo, ma non nello spirito, con il solito inconfondibile e coinvolgente entusiasmo. Dopo il lungo stop, seguito al grave incidente in bici nel luglio 2023 a Santo Domingo, Jovanotti si riprende il suo spazio naturale, il palco, davanti alla sua tribù che balla e che non vedeva l'ora di poterlo fare nuovamente.
"Grazie di essere tornati, di avermi aspettato. Vedo i cartelloni con scritto bentornato, ma bentornati lo dico a voi - Lorenzo Jova Cherubini saluta così, e sembra che abbia il nodo in gola, i nove mila della Vitrifrigo Arena di Pesaro, debutto del nuovo tour nei palasport con 50 date in tutta Italia, 37 delle quali soldout -. È bellissimo ritrovarvi. Stasera questo non è solo un palasport, è un cielo stellato. Siamo a Pesaro, ma siamo anche nella valle dei fiori in India, tra i fiori di lavanda in Provenza, nel giardino delle Mille e una notte, sulla nave degli Argonauti, nell'Enterprise di Star Trek, nel roseto del Piccolo Principe, tra i ciliegi in fiore del monte Fuji".
È un fiume in piena, felice e forse anche spaventato da una rinascita che non era per niente scontata. E il fiore che ricorre nelle sue parole è lo stesso che si ripete anche nei visual ad alto tasso tecnologico realizzati in tempo reale utilizzando l'Intelligenza Artificiale, nei dieci fari giganti dell'illuminazione che aprono e chiudono la loro corolla roteando sulle teste degli spettatori della platea, nei mazzi che distribuisce alle fortunate fan delle prime file, nei versi della poetessa Mariangela Gualtieri (Che cosa sono i fiori). Il fiore, declinato in tutte le sue forme: è Jova stesso, che rifiorisce al tepore della primavera, dopo il buio dell'inverno.

E cita Neruda: "Potranno tagliare tutti i fiori, ma non fermeranno mai la primavera. E noi la primavera ce la portiamo dentro e ci rialziamo come fa la primavera. Siamo di nuovo insieme, si va". La fatica, il dolore, la gioia, la determinazione: questo live non è solo una questione di musica.
È il Jovanotti di sempre, eppure no. L'ultima volta dal vivo saltava e correva sui palchi nelle spiagge italiane del Beach Party, stavolta deve fare i conti con qualche limite in più: non corre, centellina i salti, ma l'energia che sprigiona si allarga e inonda comunque il palco che, essenziale nella scenografia, prende vita grazie a lui. La band, tredici tra musicisti e coriste "la migliore che abbia mai avuto", alle sue spalle, l'occhio di bue è tutto su di lui, sulla sua forza e sulla sua fragilità. E sul tappeto sotto ai suoi piedi, "che ho portato da casa, perché per i popoli nomadi dell'Asia il tappeto rappresenta casa".
Due ore e venti di show, che mandano in delirio i fan - tra loro anche Alessandro Baricco e Gianmarco Tamberi - per ripercorrere tra passato e presente i successi dell'artista 58enne. In scaletta da L'ombelico del mondo, a Mezzogiorno, da I love you baby a Il più grande spettacolo dopo il Big Bang, da Le tasche piene di sassi a Mi fido di te e solo cinque nuovi brani: l'apertura dello show con Montecristo, la title track dell'album appena pubblicato Il corpo umano, Fuorionda (e sullo schermo scorre una carrellata di immagini di politici, da Giorgia Meloni a Matteo Salvini, passando per Luigi Di Maio, Donald Trump, Joe Biden) e Un mondo a parte. Il finale non poteva che essere sulle note di Ragazzo Fortunato. "Quando solo salito sul palco è stata la botta più forte da quando salgo sui palchi - ha scritto sui social al risveglio -. È andata bene benissimo strabenissimo. Grazie ancora per questa accoglienza".

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