Una profonda amicizia, ma anche
tanta passione, è quella che traspare e si manifesta scorrendo i
256 documenti, parte del carteggio tra il poeta Premio Nobel
Giosuè Carducci e la contessa Silvia Baroni Semitecolo,
acquisiti dal Comune di Bologna con il contributo della Regione
Emilia-Romagna, per una spesa complessiva di 45mila euro. Una
corrispondenza, quella tra il poeta e la moglie del conte
faentino Giuseppe Pasolini Zanelli, che va ad arricchire il
patrimonio del settore Biblioteche del Comune, un altro tassello
per fare di Casa Carducci la casa della letteratura e della
poesia.
"L'acquisizione di questo carteggio privato di Carducci è un
ulteriore passo verso l'arricchimento del patrimonio
archivistico dell'Emilia-Romagna - ha detto l'assessore
regionale alla Cultura, Mauro Felicori - La successiva
digitalizzazione di questi materiali permetterà a tutti, e non
solo agli studiosi, di accedere a un patrimonio culturale di
grande ricchezza e varietà".
Il carteggio privato comprende dunque una raccolta di 256
documenti, scritti tra il 1889 e il 1907, dei quali 181 sono
riconducibili a Carducci; in risposta alle epistole del poeta,
si trovano le minute di 75 lettere inviate dalla contessa
Pasolini nel periodo compreso tra il 23 luglio 1902 e il 12
febbraio 1907, tra le quali l'ultima scritta quattro giorni
prima della morte di Carducci. La contessa era donna di grande
cultura, ottima pianista e compositrice (tra le sue opere
compaiono anche le musiche di alcune liriche carducciane),
parlava correntemente quattro lingue e vantava amicizie
importanti come quella con la Regina Margherita di Savoia.
L'acquisizione del carteggio è finalizzata sia a preservare
l'integrità del nucleo documentario, evitando che finisse in
vendita sul mercato antiquario con conseguente dispersione; sia
per portare i documenti autografi del poeta nella collezione
della biblioteca di Casa Carducci, in modo da poterli conservare
e valorizzare.
Dalla corrispondenza emerge la profonda umanità di Carducci
nel periodo finale della sua vita, in cui si trova ad affrontare
il declino fisico dovuto alla malattia. "Questa maledizione di
dover dettare, o non poter scrivere se non lentamente col lapis,
mi dispera e toglie energia alle mie lettere", scriveva un ancor
lucidissimo Carducci. L'intenso legame con la contessa cresce
nel corso degli anni: alla "fata bianca", così la definisce il
poeta, Carducci si sente libero di confidare i suoi stati
d'animo altalenanti, trovando ascolto da parte di una
personalità provata da numerosi dolori (la morte dei tre figli
in giovane età) ma non arrendevole.
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