(di Marzia Apice)
DENIS MCQUAIL, PROPAGANDA (Treccani
Libri, pp.120, 12 euro. Introduzione di Massimiliano Panarari).
Dalla prima apparizione come forma verbale nella denominazione
latina "Congregatio de propaganda fide", organizzazione
istituita dalla Chiesa cattolica nel 1622 per la diffusione e la
difesa della fede, all'affermazione come sostantivo nel XVIII
secolo per indicare ogni realtà con analoghe funzioni, dal
rapporto a doppio filo con i totalitarismi al ruolo cruciale
nelle democrazie moderne e nel neopopulismo degli anni Duemila,
tra fake news ed eccessi di polarizzazione nel dibattito
pubblico: è un lungo viaggio che approda fino a oggi quello
compiuto dalla propaganda, fenomeno complesso e sfaccettato da
cui nessun Paese sembra essere immune, tutt'altro che puramente
teorico, ma al contrario in grado di incidere in modo diretto
sulla vita delle persone e sull'organizzazione delle società. A
spiegarlo è Denis McQuail (1935-2017), sociologo britannico e
tra gli studiosi della comunicazione più influenti degli ultimi
decenni, autore della voce enciclopedica "Propaganda", in
libreria dal 17 gennaio con Treccani.
Integrato con un saggio di Massimiliano Panarari, il libro
analizza il forte impatto che la propaganda ha avuto nel corso
dei secoli, e tuttora continua ad avere, nella comunicazione
politica. Pianificata e applicata su larga scala sin dalla Prima
Guerra Mondiale con l'avvento dei mass media (cinema e stampa
popolare) e delle scienze sociali e poi ampiamente sfruttata dai
regimi dittatoriali per promuovere il messaggio ideologico e
fornire sostegno al potere del partito dominante, la propaganda
ha acquisito nel tempo una connotazione negativa legata alla
manipolazione, alla creazione di menzogne e alla distorsione di
notizie. Quello su cui McQuail pone l'accento non è soltanto la
pervasività su scala globale della propaganda ma soprattutto la
sua complessità e i suoi confini sfumati e "ambigui",
soprattutto nella sua versione più moderna, anche attraverso le
interazioni con marketing e pubblicità.
Dello stesso avviso anche Panarari, che nell'introduzione
riprende e attualizza la riflessione del sociologo britannico:
nel contesto attuale collettivo "dominato dalla
digitalizzazione, e dove la «cultura della convergenza»
rappresenta l'aria del tempo, si producono la moltiplicazione di
micropubblici, l'intensificarsi della polarizzazione ideologica
e (soprattutto) affettiva, una saturazione comunicativa dovuta
alla sovrabbondanza dell'offerta mediale e un'accelerazione dei
meccanismi del news engagement che nutrono e accrescono in
maniera significativa il disordine informativo". In
quest'ottica, la propaganda assume una rilevanza ancora più
determinante, proprio perché appare evidente quanto questa
pratica possa essere usata nella produzione di fake news e nella
manipolazione dei destinatari della comunicazioni,
rappresentando un rischio per democrazia e libertà dei
cittadini. La propaganda è dunque un fenomeno che dobbiamo
continuare a osservare, studiare e se possibile decifrare:
secondo McQuail infatti "essa assumerà forme sempre più sottili
e differenziate a mano a mano che si diversificano le
possibilità dei media, tanto che la forma archetipica di
'propaganda di massa' dell'inizio del Novecento sembra destinata
a scomparire. Tuttavia essa non sarà dimenticata, e la memoria
potrà servire da efficace ammonimento contro futuri 'persuasori
occulti', che saranno sempre all'opera".
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