Il Coordinamento nazionale delle famiglie con disabilità (Confad) teme che i rimborsi delle spese socio-assistenziali di rilievo sanitario possano essere separati dalle spese sanitarie e scorporate dal budget della sanità pubblica, come prevede l'emendamento proposto dalla vicepresidente della Commissione Sanità del Senato, Maria Cristina Cantù, al Ddl 1241 "Misure di garanzia per l'erogazione delle prestazioni sanitarie e altre disposizioni in materia sanitaria".
L'emendamento riguarda il rimborso delle "prestazioni della persona bisognosa di cura e assistenza (come l'igiene personale, la vestizione, la nutrizione, la mobilizzazione) non di carattere prettamente sanitarie, ma che per molte persone con una patologia e/o disabilità grave/gravissima sono da ritenersi indissolubilmente connesse con queste, di conseguenza inscindibili da esse", osserva il Confad in una nota. "Esiste il timore più che fondato che vi saranno enormi ricadute negative sulla qualità della vita di queste persone", aggiunge.
Prevedendo che siano a carico del Fondo Sanitario Nazionale solo le attività strettamente sanitarie, le famiglie con disabilità osservano che l'emendamento "si pone in rotta di collisione con il principio della presa in carico globale della persona". Di fatto, aggiungono, questo "da una parte significa che al paziente non è garantita la valutazione reale della sua condizione e, dall'altra, che gli oneri dell'assistenza della persona graverebbero sulla famiglia".
Per questo il Confad esprime "forte contrarietà nei confronti dell'emendamento" e avanza "seri dubbi sulla legittimità della norma". L'approvazione definitiva dell'emendamento, prosegue la nota, avrebbe due importanti conseguenze: "lo spostamento degli oneri verso gli enti locali con costi maggiori per le famiglie e il mancato diritto all'accesso alle cure secondo il principio di universalità del Sistema Sanitario Nazionale per le persone non autosufficienti".
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