La sua morte è diventata il simbolo della lotta al caporalato. La sua storia ha scosso il Paese intero, travalicando i confini nazionali a causa della brutalità di quanto è stato costretto a vivere.
Sei mesi dopo la sua scomparsa, la vicenda di Satnam Singh, il bracciante indiano morto dissanguato dopo aver perso un arto nella campagne di Latina, si arricchisce di un nuovo capitolo. Il trentunenne, infatti, non era l'unico ad essere sfruttato in quell'azienda agricola di Borgo Santa Maria. Insieme a lui c'erano altri sei lavoratori, anche loro privi di permesso di soggiorno, che venivano pagati meno di quanto avrebbero dovuto, lavorando più ore rispetto a quelle prefissate, senza riposarsi quasi mai e, soprattutto, in condizioni di sicurezza pessime.
Per questo motivo i carabinieri della Compagnia di Latina, insieme a quelli del Nucleo ispettorato del lavoro pontino, hanno dato esecuzione all'ordinanza applicativa di misura personale, emessa dal gip del tribunale del capoluogo su richiesta della locale procura, con cui è stata disposta la custodia cautelare nei confronti di Antonello Lovato, legale rappresentante dell'azienda, già in carcere per la morte di Satnam, e di suo padre Renzo, amministratore di fatto della ditta individuale dove il trentunenne indiano perse il braccio.
I due sono ritenuti, in concorso tra loro, responsabili di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro pluriaggravata, avendo utilizzato manodopera costituita da sette braccianti agricoli privi di permesso di soggiorno, oltre che di sfruttamento, avendo approfittato del loro stato di bisogno. Le indagini dei militari, coordinate dalla procura di via Ezio sotto l'egida del pm Marina Marra, sono iniziate lo scorso 17 giugno, quando Satnam perse un braccio mentre lavorava nei campi.
L'uomo, tuttavia, non morì all'interno dell'azienda, bensì il giorno dopo in ospedale, dove venne elitrasportato molto dopo l'incidente. Antonello Lovato, infatti, che si trovava lì quando avvenne il fatto, non chiamò subito i soccorsi, bensì accompagnò lui stesso il bracciante davanti casa, abbandonandolo insieme a sua moglie e al braccio amputato.
Mentre nei giorni successivi quest'ultimo venne arrestato con l'accusa di omicidio doloso con dolo eventuale, i militari hanno iniziato ad analizzare le utenze telefoniche degli altri lavoratori presenti all'incidente, al pari dei loro social. I carabinieri, inoltre, hanno anche acquisito la testimonianza di quattro di loro, tutti irregolari e che hanno ottenuto poco dopo il permesso di soggiorno per casi speciali, delineando il grave quadro indiziario nei confronti di padre e figlio.
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