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Noi Donne, per gli 80 anni del periodico femminista la storia tutta online

Noi Donne, per gli 80 anni del periodico femminista la storia tutta online

La direttrice Tiziana Bartolini: "Siamo in momento delicato, serve la memoria"

ROMA, 24 marzo 2025, 22:36

di Elisabetta Stefanelli

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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   Era il luglio del 1944 quando le prime donne partigiane iniziarono a far circolare clandestinamente, nascondendolo nella canna della bicicletta, quel foglio in cui esprimevano le loro idee, le loro aspirazioni e condividevano la loro vita quotidiana. Nacque così Noi Donne, lo storico periodico femminista che compie 80 anni e festeggia con la straordinaria impresa di mettere a disposizione di tutti, gratuitamente e online, l'archivio completo. È una pagina importante di storia del paese salvata dall'inevitabile rovina.

   "È una nuova tappa, in fondo la viviamo così e ce lo auguriamo perché il nostro è sempre un lavoro che continua con nuovi propositi mentre dal mondo ci vengono stimoli negativi e preoccupanti", racconta in un'intervista all'ANSA Tiziana Bartolini, direttrice al timone di Noi Donne da 25 anni, il periodo di una svolta epocale. "In questi giorni ci sono di nuovo argomenti che ci ripropongono la necessità di sottolineare le radici da cui veniamo, senza nostalgia che sarebbe fuori luogo ma con il rispetto di chi è venuto prima di noi: le donne che hanno fatto la resistenza, e prima ancora quelle che guidavano il tram nella prima guerra mondiale e prima ancora le suffragette".

    È da questa riflessione che nasce il lungo lavoro iniziato nel 2017 che ha portato l'archivio storico a disposizione di tutti, ma anche dall'esigenza pratica di metterlo in sicurezza.

    "I primi numeri stampati in clandestinità erano delle veline fragilissime, ma anche quelle degli anni '40, stampate dopo la guerra con la carta e l'inchiostro che si trovava, erano estremamente deperibili".

L'archivio fisico delle copie si trova alla Casa internazionale delle donne a Roma, dove è anche la sede della rivista. Poi varie copie, ma non la collezione completa, sono anche in vari archivi in altre città. Costanza Fanelli è ora la responsabile dell'Archivio storico. "Abbiamo digitalizzato 2.200 fascicoli sfogliabili, 120mila pagine ora disponibili gratuitamente nel sito dedicato all'archivio che si chiama www.noidonnearchiviostorico.org. Sono radunati liberamente e fruibili senza pagamento alcuno, divise per annate, per decenni, con una sfilata meravigliosa di copertine. È la storia delle donne italiane del loro tempo che facevano questo sforzo rivoluzionario di pretendere cambiamenti che ritenevano necessari".

    Ci sono stati momenti che rimangono particolarmente nella memoria? "Ho in mente un titolo iconico del 1956, 'Quanti ne vogliamo quando li vogliamo' direttrice Giuliana Dal Pozzo. Sono momenti felici ma guardati con gli occhi di oggi, perché allora invece erano oggetto di scontri forti. Noi Donne era organo dell'Udi fino a metà anni Novanta e, me lo ha raccontato Giuliana Dal Pozzo per me la migliore di sempre, noi facevamo la nostra linea cercando di mantenere una linea nel rispetto della donna, della democrazia e della libertà vera. Poi ci sono state grandi inchieste, come quella sull'uomo di sinistra, che poi vai a vedere nel privato come marito, fidanzato, datore di lavoro è ben altro: facevano le pulci, tiravano fuori le contraddizioni e la critica. O anche il percorso per la conquista della legge 194 e dei consultori, negli anni Settanta una battaglia a dir poco martellante".

    Che cosa è cambiato in questi anni? "Io dirigo Noi Donne dal 2000, nei 25 anni siamo tornate più e più volte su certi argomenti, c'è un filo conduttore. Oggi le giovani parlano di accoglienza per una sessualità più complessa e non binaria e va bene, ma sempre nel consultorio immaginato negli anni Settanta devono andare. Quello va difeso e fatto funzionare. Negli anni '40 quando si votava c'era la sollecitazione 'vai a votare e poi vota come ti pare', non esisteva la parola autodeterminazione ma il film della Cortellesi è una rappresentazione meravigliosa di quello che significava".

   Qual è oggi il ruolo di Noi Donne? "È la domanda che mi faccio tutti i giorni. Da una parte c'è la crisi dell'editoria e del sistema informativo, noi non abbiamo contributi statali e abbiamo due siti che vanno pagati, servono soldi, i progetti richiedono tanto lavoro in più che, nel caso della digitalizzazione dell'archivio è stato totalmente volontario. È un giornale dalla natura militante, che ha sempre vissuto del bisogno di raccontare di tutto dal punto di vista delle donne: dalla politica internazionale ai modelli per cucire i vestiti, stando sulla complessità degli interessi. Vediamo oggi tanti volti femminili ma resiste la difficoltà a far passare un punto di vista autenticamente delle donne, anche problematicamente perché non siamo d'accordo su tutto. Dal 2016 abbiamo sospeso il cartaceo e siamo entrate in un'altra dimensione, ma siamo ancora qui e la nostra è una storia, anche da questo punto di vista, straordinaria. In 80 anni è stato un continuo interrogarsi e guardarsi in maniera critica".

    Che succede oggi alle donne? "Oggi siamo in un momento delicatissimo, stiamo camminando sul filo del rasoio, rischiamo di perdere tutte le conquiste in un attimo. C'è da anni un'erosione subdola. Faccio un esempio, la 194 con tutto quello che significa nessuno dice di volerla abolire, ma l'hanno svuotata quando gli obiettori di coscienza ne impediscono l'attuazione. C'è stata un'erosione anche nella voglia delle donne di esserci, c'è un sentimento che a me sembra non adeguato alla tempesta in cui siamo". Una critica, la direttrice, la rivolge anche alla premier Meloni: "Dalla prima presidente donna del consiglio avremmo sperato di vedere ben altre politiche ed attenzioni, non è il tempo di bandierine, sono molto preoccupata. Se c'è una reale crisi delle democrazie le prime a rimetterci sono le donne, senza alcun dubbio". Quella che fa Noi Donne, conclude Tiziana Bartolini "si chiama politica con la P maiuscola, l'abbiamo sempre fatto, e nonostante la nostra debolezza di mezzi economici continuiamo a farla". 
   

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