Gina Galeotti Bianchi, fucilata a 32 anni, incinta di otto mesi mentre pedalando portava a Niguarda l'ordine di insurrezione. Era il 25 aprile 1945, una lapide a Milano ricorda una delle tante, delle 35mila donne che fecero la Resistenza, delle 70mila che aderirono ai gruppi di difesa della donna. 1859 furono vittime di violenza e stupro, 4635 arrestate torturate condannate, 2750 deportate, 623 fucilate o cadute in azione. Sono numeri da ricordare e dietro a ciascun numero come sempre ci sono persone. Il 25 aprile l'Italia festeggia la Liberazione dal nazifascismo, un giorno speciale per tutti noi.
Le donne che fecero la Resistenza però, e chissà perchè non stupisce affatto, sono sempre state un passo indietro nei ricordi, nelle celebrazioni, perchè di quegli anni, come di sempre la narrazione è stata maschile. Le partigiane, sempre un passo dietro le quinte della storia, quasi comparse, donne crocerossine, buone a pedalare, smistare viveri, portare aiuti al parente in montagna, spinte dall'istinto materno più che da un ideale. Una grande donna, Liliana Cavani nel 1965 con il documentario Le donne nella Resistenza (ancora oggi vengono i brividi a rivederlo, un pugno nello stomaco) per prima squarciò il velo sul ruolo femminile nel movimento di liberazione dai nazifascisti.
Per non dimenticarlo, per non abbassare lo sguardo (e verrebbe di farlo) davanti a quelle donne combattenti violate, a storie incredibili si può trovare un documentario, Partigiane 2.0, una produzione Associazione Chiamale Storie e Sky Arte, nell’ambito del progetto memoMI,realizzata da 3D Produzioni con il contributo di Comune di Milano e Fondazione Pasquinelli che ci riporta in quell'epoca, per non dimenticare. Scritto da Didi Gnocchie Valeria Parisi con la regia di Malina De Carlo. E lo fa attualizzandolo, dando conto di quello che oggi si fa in memoria di queste 35mila donne italiane.
Ilaria Laise e Cecilia Gnocchi, due giovani a Milano, un collettivo dicono loro chiamato Ram, da qualche anno hanno preso a restaurare le lapidi che in tanti luoghi di Milano ricordano i morti della Resistenza, lapidi violate come capita spesso, abbandonate all'incuria del tempo e degli uomini.
Ridipingere con pazienza quei nomi, sbiancare quelle pietre, lucidare quei bronzi E' FARE MEMORIA. Il documentario Partigiane 2.0 le racconta e con loro onora le biciclettiste che avevano 20 anni negli anni della guerra, "biciclettiste che andavano come il vento", come nel 1944 andava Dina Croce, storica staffetta partigiana lombarda, che tra le intervistate nel film. Un tuffo indietro negli anni a raccontare quella vita irruenta, coraggiosa, giovane, appassionata e convinta, motivata dall'ideale di libertà Dina Croce ricorda insieme a Laura Wronowski e Ebe Bavestrelli, lucidissime testimoni oggi di allora, felici di poter parlare, pronte a ricordare a novant'anni come hanno vissuto a 20, perchè venti anni in cuor loro hanno sempre, per sempre negli occhi.
Un racconto con tante storie, da quelle di Tina Anselmi, staffetta partigiana, Gabriella in codice, 100 e più km al giorno per collegare le brigate partigiane in Veneto, "un azione importante militarmente e politicamente", prima donna ministro della Repubblica a quella di Genni Wiegmann Mucchi, artista berlinese e attivista nella Milano resistente, le cui sculture di donne partigiane parlano ancora quella stessa lingua. Il tutto inserito in un contesto storico che la giovane ricercatrice Iara Meloni, aiuterà a mettere a fuoco. A raccontare anche la disillusione del dopoguerra quando il ruolo delle donne, anche quelle della Liberazione, tornò in secondo piano. 21 donne su 556 eletti alla Costituente, le famose 21 madri della Costituzione, tra cui c'erano Teresa Mattei, Nilde Jotti, Lina Merlin, Teresa Noce, Tina Anselmi.
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