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Contro il cancro del colon-retto prevenzione e rete efficace

Contro il cancro del colon-retto prevenzione e rete efficace

SoS da Napoli. Luigi Pasquale, Sud in ritardo, più informazione

NAPOLI, 25 marzo 2025, 16:27

Redazione ANSA

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Sensibilizzare il paziente e incentivare il 'reclutamento', creare una rete efficace tra territorio e specialisti, potenziare il Gruppo oncologico multidisciplinare. E' questa la proposta per combattere più efficacemente il cancro del colon-retto secondo il dottor Luigi Pasquale, direttore dell'Unità operativa complessa Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva dell'Aorn dei Colli a Napoli, responsabile scientifico di un incontro, svoltosi oggi nell'ospedale 'Monaldi', su una patologia importante e che vede il Sud in ritardo rispetto ad altre aree del Paese. "Nel mese della prevenzione del tumore del colon-retto - ha detto Pasquale durante le assise alle quali hanno partecipato esperti e giornalisti - è indispensabile dare risalto ai numeri e alle metodiche di screening, così come ai percorsi diagnostico terapeutici a disposizione del paziente. Ad oggi il tumore del colon-retto è la seconda neoplasia più frequente dopo quello della mammella, con un importante incremento del 15% dal 2020 al 2023. Le nuove diagnosi si attestano su oltre 50.000 casi per anno, con più di 500.000 pazienti con diagnosi già nota e circa 25.000 decessi nel 2024. Il picco di insorgenza si ha tra i 60 e i 75 anni; dal 1984 al 2024 il numero di casi nella popolazione mondiale tra i 20 e 40 anni è aumentato del 50%". E' fondamentale, quindi, la diagnosi precoce, "che si può e si deve ottenere attraverso i programmi di screening regionali e nazionali offerti gratuitamente alla popolazione di età dai 50 ai 79 anni" ha aggiunto l'esperto.
    Numerosi sono i test utilizzabili a tale scopo, partendo dalla ricerca del sangue occulto fecale che, se positiva, impone l'esecuzione di una colonscopia: "Tale procedura è ancora oggi la prima scelta nella diagnosi precoce di adenomi o tumori del colon-retto attraverso strumentazioni sempre più all'avanguardia e tecniche di resezione endoscopica e/o chirurgica sempre meno invasive, con il fondamentale supporto e confronto multidisciplinare come gastroenterologi, chirurghi, oncologi, radiologi, anatomopatologi". Appare altresì "preoccupante e contraddittoria - ha evidenziato il dottor Luigi Pasquale - la scarsa aderenza al programma di screening, anche e soprattutto in Campania e nel Sud, dove l'estensione degli inviti al programma di prevenzione presenta numeri impietosi rispetto alle regioni del Nord - 80% rispetto al 99% delle regioni settentrionali - così come le adesioni della popolazione, 19,7% rispetto al 46,1%". Inoltre ad oggi alcuni percorsi diagnostico-terapeutici specifici "appaiono ridondanti e non ben definiti". Di fronte a questi numeri risulta subito chiaro il ruolo della sanità territoriale nella diffusione e nella sensibilizzazione alla problematica, a partire dal medico di Medicina Generale fino alle ASL e di Rilievo Nazionale, "ma anche degli specialisti nella ricerca di una gestione chiara e lineare". Serve, quindi, una rete territoriale capillare che preveda la collaborazione di tutte le figure coinvolte, in modo da non solo rendere il paziente consapevole dell'importanza dello screening, ma anche qualora dovesse averne bisogno di offrigli istantaneamente e in maniera chiara un percorso diagnostico adeguato e in grado, attraverso un Gruppo Oncologico Multidisciplinare, di fornire la strategia terapeutica più valida.
    Durante l'incontro - aperto da Anna Iervolino, direttrice generale dell'Azienda ospedaliera specialistica dei Colli, e nel quale è intervenuto, fra gli altri, il presidente dell'Ordine dei Medici di Napoli, Bruno Zuccarelli - sono stati affrontati i temi della comunicazione, del coinvolgimento dei pazienti, delle risorse economiche, delle nuove frontiere della diagnostica per la prevenzione del tumore del colon retto (illustrate, tra gli altri, nella relazione di Giuseppe Galloro, segretario generale SIED, la Società Italiana di Endoscopica digestiva). La dottoressa Elena Pennarola, in rappresentanza della Regione Campania, ha evidenziato lo sforzo dell'ente per il potenziamento delle attività organizzative per gli screening col provvedimento 720 del dicembre scorso. La gastroenterologa Maria Antonia Bianco ha sottolineato la necessità di introdurre nel sistema sanitario pubblico un test genetico, una sorta di biopsia liquida con un prelievo di sangue per uno studio sul DNA libero circolante che potrebbe essere in grado di giungere più efficacemente ad una diagnosi precisa. "E ciò ridurrebbe anche i costi" ha detto.
   

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