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Sui social circola un post che riprende un articolo del blog britannico ‘The Daily Sceptic’ in cui si sostiene che i ghiacci artici abbiano raggiunto il livello più alto degli ultimi 21 anni, sulla base del confronto dell’estensione rilevata l’8 gennaio 2024 con quella di due decenni prima. Per rendere l’affermazione convincente, vengono citati i dati del National Snow and Ice Data Center (NSIDC) dell’Università del Colorado a Boulder, il centro americano che raccoglie e diffonde i dati sui livelli di neve e ghiaccio nelle aree polari. Lo stesso istituto viene citato anche in un altro post che riguarda i ghiacci dell’Antartide: in questo caso si afferma che il cambiamento climatico è un inganno (con l’hashtag #ClimateScam) perché l’estensione del ghiaccio marino è aumentata da 3,08 milioni di chilometri quadrati del 9 marzo 1997 a 3,17 milioni di chilometri quadrati del 9 marzo 2024.
Analisi
Può accadere che l’estensione dei ghiacci polari risulti quasi uguale in due singoli giorni a distanza di decenni, perché il valore varia continuamente in base alla stagione e alle condizioni meteorologiche senza che questo smentisca il riscaldamento globale. Affermare il contrario è come sostenere che in una città non si registrano più precipitazioni perché l’8 gennaio del 2004 pioveva mentre l’8 gennaio 2024 c’era il sole.
In realtà il fenomeno dei cambiamenti climatici emerge in maniera lampante se si allarga lo sguardo analizzando i dati su una scala temporale più ampia. Secondo le stime ufficiali di Nsidc e Nasa, il ghiaccio marino artico si sta ritirando con un tasso del 12,2% al decennio rispetto alla sua estensione media misurata tra il 1981 e il 2010. I valori, spiegano gli esperti statunitensi, vengono rilevati a settembre quando i ghiacci raggiungono il loro minimo annuale. Il fatto che stiano diminuendo non vuol dire che ogni giorno si riducano rispetto al giorno precedente.
Nel 2021, per esempio, in Artico si è avuta un’estate più fredda e nuvolosa del solito: queste condizioni anomale hanno rallentato lo scioglimento dei ghiacci, tanto che a settembre l’estensione minima annuale registrata è stata maggiore rispetto a quella del 2020. Una contraddizione solo apparente rispetto alla tendenza generale, che invece si coglie esaminando l’andamento dei ghiacci nei decenni.
Sempre secondo i dati del Nsidc, il ghiaccio marino in Antartide ha raggiunto il suo minimo annuale (1,99 milioni di chilometri quadrati) il 20 febbraio 2024, pari al 30% in meno rispetto alla media calcolata dal 1981 al 2010 (una differenza nella copertura di ghiaccio che si estende su un’area grande quanto il Texas).
Questo è il terzo anno consecutivo di record negativi. Il valore minimo del 2024 si classifica (al pari del 2022) come il secondo livello più basso degli ultimi 46 anni. Il minimo più basso in assoluto si è verificato nel 2023, con il ghiaccio che ha raggiunto 1,79 milioni di chilometri quadrati. È troppo presto per sapere se i recenti minimi del ghiaccio marino al Polo Sud indichino un cambiamento a lungo termine piuttosto che una fluttuazione statistica, ma secondo gli esperti statunitensi la riduzione del ghiaccio sul lungo termine pare ormai inevitabile.
Per avere un quadro ancora più completo della situazione dei ghiacci polari bisognerebbe poi analizzare non solo la loro estensione, ma anche il loro spessore e dunque il volume. Secondo uno studio pubblicato nel 2020 sulla rivista The Cryosphere, il volume del ghiaccio marino artico è progressivamente calato dagli anni Ottanta a oggi. Un altro studio pubblicato sempre sulla stessa rivista dimostra che la porzione di ghiaccio più spessa e ‘antica’ è scesa dal 30% degli anni Ottanta a meno del 5% nel primo decennio del nuovo Millennio. Lo stesso non si può dire per il ghiaccio marino antartico che, a differenza di quello artico, si scioglie nell’estate australe per poi riformarsi in inverno: non essendo mai resistito abbastanza a lungo per formare uno spessore paragonabile a quello artico, non ha mostrato una riduzione comparabile sul lungo termine.
Conclusioni
Le due notizie circolate sui social sono false perché non valutano la variazione dei ghiacci polari nel lungo periodo, ma analizzano singole date che potrebbero non essere significative o addirittura rappresentare un’anomalia rispetto al trend generale. Il fatto che vengano citati dei dati ripresi da fonti ufficiali non deve ingannare: si tratta della classica tecnica di comunicazione del ‘cherry picking’ molto usata dai negazionisti del cambiamento climatico, che consiste proprio nel selezionare e risaltare solo alcuni dati in modo parziale, trascurando tutti quelli che potrebbero confutare la tesi che si intende sostenere.
Fonti
“Arctic Sea Ice Minimum Extent”, NASA
“Antarctic Sea Ice at Near-Historic Lows”, NASA Earth Observatory https://earthobservatory.nasa.gov/images/152547/antarctic-sea-ice-at-near-historic-lows “How thick is sea ice and how do we know?”, NSIDC
Wang, X.; Key, J.; Kwok, R.; Zhang, J. Comparison of Arctic Sea Ice Thickness from Satellites, Aircraft, and PIOMAS Data. Remote Sens. 2016, 8, 713.
Yinghui Liu, Jeffrey R. Key, Xuanji Wang, Mark Tschud. Multidecadal Arctic sea ice thickness and volume derived from ice age. The Cryosphere, 14, 1325–1345, 2020
Mark A. Tschudi, Walter N. Meier, J. Scott Stewart. An enhancement to sea ice motion and age products at the National Snow and Ice Data Center (NSIDC). The Cryosphere, 14, 1519–1536, 2020
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