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L’Accordo di Parigi sul clima, firmato nel 2015 da 195 paesi aderenti alle Nazioni Unite più l'Ue, prevede l’impegno a ridurre le emissioni clima-alteranti globali per “mantenere l’incremento della temperatura media globale al 2100 sotto i 2 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali e cercare di limitare l'aumento a 1,5 gradi, riconoscendo che ciò ridurrebbe significativamente i rischi e gli impatti del cambiamento climatico”. Ci sono vari obiettivi negli anni di riduzione dei gas serra. L'Europa con il Green deal punta ad essere il primo continente a impatto climatico zero nel 2050. L’Europa e l’Italia hanno, infatti, fissato degli obiettivi molto ambiziosi in termini di riduzione di gas serra. I trend di decarbonizzazione degli ultimi anni sono in linea con gli obiettivi fissati per il 2030 e 2050?
Analisi
Le stime più aggiornate indicano che nel 2023 si registrerà un drastico calo delle emissioni italiane di Co2, dell’ordine dell’8%, grazie al crollo dei consumi di carbone nella generazione elettrica dopo la temporanea ripresa del 2022, legata alla crisi del mercato del gas naturale, e grazie alla forte diminuzione dei consumi di gas nel settore civile, a seguito delle temperature invernali molto miti, spiega Francesco Gracceva, dell’Unità Enea Studi, Analisi e Valutazioni. Nonostante questo, la traiettoria delle emissioni italiane resta ancora molto distante da quella coerente con gli obiettivi. Nei prossimi sette anni sarà necessario un tasso di riduzione delle emissioni del 4% medio annuo per raggiungere il target di emissioni 2030 dello scenario Pniec, e un tasso superiore al 5% medio annuo per raggiungere il più ambizioso obiettivo europeo del pacchetto Fit for 55, laddove il tasso di riduzione registrato dal 2005 ad oggi è del 2,7% medio annuo.
La traiettoria emissiva italiana risulta particolarmente lontana da quella coerente con i target 2030 nel caso dei settori dei trasporti, residenziale, terziario e agricoltura, nei quali il tasso di riduzione medio annuo delle emissioni dovrebbe triplicare rispetto a quello registrato dal 2005 ad oggi. Nel caso dei settori della generazione elettrica e dell’industria energivora l’accelerazione necessaria per raggiungere il target è invece molto più contenuta (una volta e mezzo il trend storico).
Un dato positivo del 2023 è il significativo aumento delle rinnovabili, che sono arrivate a coprire il 20,5% dei consumi finali di energia, un punto percentuale in più del 2022. Ciononostante, anche in questo caso resta notevole la distanza tra questo dato e quello coerente con la traiettoria indicata dal nuovo target 2030 (40% dei consumi), che richiederebbe in ogni anno un aumento di quasi tre punti percentuali della quota di rinnovabili. “Se i trend in atto nel sistema energetico italiano non sono in linea con i target 2030, lo sono inevitabilmente ancor meno con l’obiettivo dell’azzeramento delle emissioni al 2050” spiega Gracceva, “In questo caso va però considerato che la neutralità climatica impone evidentemente che siano messe in campo un ampio spettro di misure politiche, in grado potenzialmente di produrre una radicale trasformazione del sistema energetico. L’orizzonte 2050 - prosegue l'esperto - è ancora sufficientemente lontano perché queste abbiano il tempo di dispiegare i loro effetti positivi e quindi cambiare il trend in atto oggi. D’altra parte, l’esperienza storica dimostra che il sistema energetico è strutturalmente caratterizzato da una notevole inerzia, in quanto le passate transizioni energetiche hanno richiesto molti decenni per realizzarsi (fonte World Economic Forum), per cui la sfida si presenta decisamente impervia ma non impossibile”.
"Dobbiamo oggi purtroppo constatare, alla vigilia della Cop28 di Dubai, che gli impegni fino a oggi sottoscritti dai vari paesi non permetterebbero di mantenere questo obiettivo e, ad oggi, le previsioni fatte dal Climate Action Tracker tenendo conto degli obiettivi di riduzione delle emissioni previsti, ci consegnano la prospettiva a fine secolo di un mondo con una temperatura media globale attorno ai 2,7 gradi centigradi più elevata rispetto al periodo pre-industriale e, conseguentemente, un notevole maggior rischio climatico" spiega Sandro Fuzzi, Associato Senior dell'Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche e componente del Panel di scienziati dell'Ipcc.
Infatti, spiega Fuzzi, "il recente Sesto Rapporto dell’Ipcc, l’organismo scientifico incaricato dalle Nazioni Unite di fornire periodici rapporti sullo stato delle conoscenze scientifiche, tecnologiche e socio-economiche sul clima della Terra, l’impatto e i rischi futuri e le opzioni per la mitigazione del cambiamento climatico, avverte che 'senza riduzioni immediate, rapide e su larga scala delle emissioni di gas clima-alteranti, limitare il riscaldamento a 1,5 gradi sarà fuori portata e anche il limite di 2 gradi sarà difficile da rispettare'. Dobbiamo invece purtroppo registrare come, fra i paesi del G20, il supporto finanziario pubblico ai combustibili fossili, i maggiori responsabili del riscaldamento del clima, è raddoppiato nel periodo 2019-2022, raggiungendo 1400 miliardi dollari. Tutto questo fa dire al segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres che 'stiamo accelerando verso il disastro climatico e un mondo invivibile; i governi e il mondo economico stanno parlando in un modo e agendo all’opposto'".
L’Unione Europea, "che si trova oggi all’avanguardia nel contrasto al cambiamento climatico, ha stabilito un obiettivo intermedio di riduzione dei gas clima-alteranti entro il 2030 pari al 55% rispetto al 1990. L’Italia ha ridotto le proprie emissioni al 2022 solamente del 21,7% rispetto al 1990. Questo fa comprendere che, senza ulteriori incisive politiche di riduzione delle emissioni, sarà difficile per il paese rispettare gli obiettivi concordati, anche tenuto conto che le emissioni clima-alteranti sono state ridotte nel nostro paese negli anni fra 2019 e 2022 solamente dell’1,4% (Rapporto ASviS 2023 ). Vogliamo dunque guardare alla Cop28 di Dubai con ottimismo, ma le premesse da cui si parte, particolarmente nella complessa situazione geopolitica attuale, non sono certamente incoraggianti", conclude Fuzzi.
Conclusioni
Nonostante si stimi che nel 2023 ci sarà un drastico calo delle emissioni italiane di Co2, per circa l’8%, la traiettoria resta ancora molto distante da quella coerente con i target 2030 nel caso dei settori dei trasporti, residenziale, terziario e agricoltura, nei quali il tasso di riduzione medio annuo delle emissioni dovrebbe triplicare rispetto a quello registrato dal 2005 ad oggi. Nel caso dei settori della generazione elettrica e dell’industria energivora l’accelerazione necessaria per raggiungere il target è invece molto più contenuta (una volta e mezzo il trend storico).
Fonti
Francesco Gracceva, dell’Unità Enea Studi, Analisi e Valutazioni
Sandro Fuzzi, Associato Senior dell'Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche e componente del Panel di scienziati dell'Ipcc
Climate Law: https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32021R1119
REPowerEU plan: https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:fc930f14-d7ae-11ec-a95f-01aa75ed71a1.0023.02/DOC_1&format=PDF
https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/IP_23_4754
PNIEC: https://www.mase.gov.it/sites/default/files/PNIEC_2023.pdf
WEF: https://www.weforum.org/agenda/2022/04/visualizing-the-history-of-energy-transitions/
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