Julio Velasco ha oramai fatto pace da tempo con la finale persa di Atalanta, anche prima di aver vinto l'oro della pallavolo femminile, quest'estate a Parigi.
Una medaglia storica per un movimento che mai era salito sul gradino più alto del podio ai Giochi.
Eppure la fame di vittorie e gli occhi della tigre ci sono ancora, fino a Los Angeles 2028.
E così il successo di Parigi diventa un piacevole ricordo, perché per Velasco rappresenta già il passato visto che l'unico modo per ripartire è quello di dimenticare. "Dobbiamo pensare di non aver vinto nulla, solo così possiamo confermarci", dice il ct azzurro poco dopo aver annunciato l'imminente rinnovo con la federazione italiana di pallavolo, per il prossimo quadriennio.
Dunque niente pensione, come adombrato subito dopo l'oro olimpico, quella può attendere; l'accordo sarà definito entro Natale, ma nel frattempo Velasco rassicura tutti: "Arriverò a Los Angeles 2028, siamo d'accordo con il presidente Manfredi e ne stiamo parlando". E così avanti insieme, in attesa del primo appuntamento internazionale fissato per la prossima estate, il mondiale in Thailandia. "Per la prima volta giocheremo da favorite - continua Velasco -. Sarà difficile, dobbiamo gestire questa pressione, dobbiamo creare un microcosmo intorno a noi come se avessimo perso perché è difficile avere ancora fame dopo aver mangiato e noi quest'estate abbiamo mangiato tanto".
Perché la medaglia d'oro di quest'estate ha due facce e una è quella di coprire tutto il resto. "Secondo voi perché nessuno si ricorda del bronzo europeo nel 1989 della nazionale femminile? Perché vinciamo l'oro con i maschi quell'anno. Per questo una delle più grandi ingiustizie degli ultimi anni è proprio non aver festeggiato la medaglia d'argento di Atlanta. Ricordo a tutti che prima di quella medaglia non ne avevamo mai vinta una ai Giochi e soprattutto che abbiamo perso dopo oltre tre ore di partita e senza aver mai dato la colpa a nessuno. E' una cosa che rivendico ancora di più oggi, dopo questo oro incredibile".
Parole pronunciate a margine del riconoscimento ricevuto, il "Premio Mecenate dello Sport - Varaldo di Pietro" che è stato anche teatro di una vera e propria lezione del ct azzurro ai presenti. I temi? I più disparati: dallo Ius Soli alla diversità uomo-donna, quest'ultima finita per diventare un vero e proprio inno al genere femminile e alle pari opportunità. E poco importa quanto scotti l'argomento, Velasco dice la sua, sempre e senza voltarsi.
Come quando affronta il tema della cittadinanza italiana per cercare di fronteggiare il calo demografico del paese che, inevitabilmente, si ripercuoterebbe sulla produzione di atleti. "Lo sport secondo me riflette una grande ingiustizia, quando conviene i figli dei migranti diventano italiani, quando non conviene invece no - comincia- Se è un buon giocatore o una buona giocatrice vedrete che diventerà italiano e firmano tutti, anche i partiti contrari saranno d'accordo". Per questo secondo lui dovrebbe esistere uno Ius Soli di tutto, senza distinzioni tra quello "scholae" o "sportivo, perché "nel mondo di oggi un ragazzo che nasce, studia e lavora in Italia deve essere italiano". Parole che forse non piaceranno a tutti, ma Velasco prosegue dritto per la sua strada. Che ora porterà Los Angeles da detentore dell'oro olimpico.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA