Si lavora in silenzio, nell'ombra, ricorrendo a tutti i contatti sviluppati in decenni di attività in Medio Oriente. Anche con i cosiddetti Paesi canaglia. Anche con regimi controversi e nemici aperti dell'Occidente. Per vivere giornate come questa. Il direttore dell'Aise Giovanni Caravelli è volato nella notte a Teheran ed ha riportato in Italia Cecilia Sala, liberata dopo 20 giorni di detenzione nel carcere di Evin.
Come sempre in questi casi, l'azione messa in campo dal governo per arrivare al risultato è corale: si è mossa in prima persona la premier Giorgia Meloni, con l'importante blitz a Mar-a-Lago; l'Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Alfredo Mantovano, responsabile dell'intelligence, ha tenuto in mano il bandolo della matassa raccordando tutte le azioni; il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha attivato la rete diplomatica. Ma la trattativa intavolata fin dal primo giorno, e poi l'ultimo miglio oggi, ha visto protagonista questo generale 63enne, occhiali e modi pacati, che è volato a Teheran per chiudere l'accordo e portare a casa Cecilia, dopo giornate di grande tensione, sciolta solo quando in mattinata la giovane è uscita da Evin.
Abruzzese di Frisa, nel Chietino, Caravelli ha iniziato la sua carriera in divisa nel 1979 entrando nell'Accademia militare di Modena subito dopo il liceo classico. Dopo vari incarichi nell'Esercito, entra nel Sismi nel 2002 e vi resta fino al 2008.
Torna all'intelligence nel 2014 con il ruolo di vicedirettore vicario dell'Aise; nel maggio 2020 viene nominato direttore, col governo Conte 2. Ha mantenuto il suo incarico quando a Chigi è arrivato Mario Draghi e poi anche con Giorgia Meloni. Segno di una fiducia trasversale nelle capacità del generale. Con il sottosegretario Mantovano si è subito sviluppato un rapporto saldo. Dimostrato plasticamente quando lo ha difeso - nello scorso settembre - dopo alcune dichiarazioni critiche del ministro della Difesa, Guido Crosetto. Ed il Consiglio dei ministri lo ha premiato nominandolo prefetto.
E' Caravelli a gestire sul campo il caso Sala. Con i suoi canali usati anche per il caso Alessia Piperno, l'attivista rimasta rinchiusa ad Evin per 45 giorni nel 2022. Gli interlocutori non sono dei più semplici.
Per ottenere qualcosa in Iran bisogna parlare con i Guardiani della rivoluzione, i pasdaran inseriti tra le organizzazioni terroristiche dagli Stati Uniti. Ma è questo il lavoro dell'intelligence. Sporcarsi le mani. Mantenere contatti con un regime come quello di Bashar Assad o con gli Hezbollah. Guadagnarsi il rispetto e la fiducia di interlocutori complicati. Con l'obiettivo di proteggere gli interessi italiani all'estero, anche in teatri difficili come quello iraniano. Canali che si coltivano degli anni e che poi tornano utili come si è visto oggi. Perchè in Iran ci sono tre cittadini francesi da anni imprigionati senza che Parigi riesca ad ottenerne il rilascio. Allora i 21 giorni di Cecilia ad Evin devono essere sembrati un attimo a Caravelli, sull'aereo del ritorno a Roma.
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