Abbondano le esortazioni, a non sostenere Mosca nella sua aggressione all'Ucraina, ad agire "in modo responsabile nel cyberspazio". E non meno sono le "preoccupazioni", per "l'opacità e l'accelerazione dell'espansione dell'arsenale nucleare" o per le "pericolose" incursioni nell'Indopacifico. Ci sono 29 riferimenti alla Cina nel comunicato finale del G7 a presidenza italiana, sette volte quanti erano in quello del summit di Hiroshima (appena 4). In un anno molto è cambiato, si sono infiammate le crisi geopolitiche e commerciali su cui gli interessi di Pechino confliggono con quelli dei Sette Grandi, e la sintesi diplomatica di questo summit lo conferma.
I leader chiedono alla Cina di "esercitare pressioni sulla Russia affinché interrompa immediatamente, completamente e incondizionatamente la sua aggressione militare", e confermano che continueranno ad adottare sanzioni contro le entità cinesi che "sostengono materialmente la macchina da guerra della Russia". Nel comunicato finale del summit presieduto dalla premier italiana Giorgia Meloni, i toni sono decisi anche nel capitolo sull'Indopacifico: il G7 ribadisce il sostegno alla stabilità di Taiwan e invoca una "risoluzione pacifica delle questioni relative alle due sponde dello Stretto". Viene confermata l'opposizione "alla militarizzazione e alle attività coercitive e intimidatorie della Cina nel Mar Cinese Meridionale", e c'è la denuncia delle "pericolose manovre" contro le navi filippine.
Mentre soprattutto in Ue si parla di nuovi dazi, nel paragrafo relativo ai rapporti commerciali i Sette assicurano di puntare a "relazioni costruttive e stabili" con Pechino: "Non stiamo cercando di danneggiare la Cina o ostacolare il suo sviluppo economico, anzi una Cina in crescita che gioca secondo le regole internazionali e le norme sarebbero di interesse globale". Da qui la richiesta di evitare misure di controllo all'esportazione, in particolare sui minerali critici, che potrebbero portare a significativi problemi per le catene di approvvigionamento globale. Nelle 36 pagine c'è anche la richiesta a Pechino di "agire in modo responsabile nel cyberspazio", per non minare le istituzioni democratiche "dei nostri Paesi". E non manca la "preoccupazione" per la situazione dei diritti umani in Cina, anche in Tibet e nello Xinjiang, legati al "lavoro forzato". "Siamo preoccupati - scrivono i leader - anche dalla repressione della Cina nei confronti di Hong Kong".
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