(di Luca Mirone)
Volodymyr Zelensky si aspettava
"decisioni importanti" al G7 in Puglia, e così è stato. Il
summit di Borgo Egnazia presieduto da Giorgia Meloni, che ha
accolto il leader ucraino nella prima giornata dei lavori, ha
rinnovato il patto per il sostegno politico, militare ed
economico all'Ucraina senza incertezze, nonostante i quasi due
anni e mezzo di guerra. Gli Stati Uniti, sponsor principale di
Kiev, questo sostegno lo hanno blindato, con un ambizioso
accordo di sicurezza decennale, firmato a Joe Biden e Zelensky.
Anche gli europei hanno fatto la loro parte, di sostanza:
dicendo sì ad un prestito da 50 miliardi per finanziare la
resistenza del Paese invaso, utilizzando come garanzia i
profitti degli asset russi congelati nei loro istituti.
L'abbraccio con la premier italiana ha inaugurato la missione
in Puglia di Zelensky, preparata con l'obiettivo di tenere il
dossier ucraino in cima all'agenda dei suoi principali alleati.
Calorosa la partecipazione con cui anche gli altri leader, hanno
salutato il leader ucraino. "Ogni incontro serve a dare
all'Ucraina nuove opportunità di vittoria", ha sottolineato
Zelensky. Ringraziando tutti i partner, a partire dalla padrona
di casa. Con cui, ha riferito lui stesso, sono stati discussi "i
prossimi passi nella nostra cooperazione in materia di difesa",
il "nuovo pacchetto di aiuti militari" che l'Italia fornirà ed
il "rafforzamento del sistema di difesa aerea": ossia, il nuovo
dispositivo Samp-t che sarà messo a disposizione di Kiev. A
Roma, inoltre, si terrà la prossima conferenza sulla
ricostruzione nel 2025.
I nuovi aiuti militari saranno anche il piatto forte del
nuovo accordo di sicurezza Washington-Kiev. Un'intesa che nelle
intenzioni rappresenta un ulteriore salto di qualità rispetto al
già generosissimo contributo americano alla causa ucraina. In
particolare gli Usa riconoscono per la sicurezza dell'Ucraina
può essere garantita dotandola di una forza militare
significativa, capacità solide e investimenti sostenuti nella
sua base industriale di difesa che siano coerenti con gli
standard della Nato. E l'impegno americano in questa direzione
sarà sostanziale per i prossimi dieci anni. Lo ha evidenziato
Biden, in conferenza stampa con Zelensky, alla fine della
giornata: "Solo con il nostro sostegno Kiev può resistere", ha
detto mentre il leader ucraino ha parlato di "una giornata
storica".
Zelensky in Puglia ha incassato anche un'intesa bilaterale
con il premier giapponese Fumio Kishida, che prevede 4,5
miliardi di dollari da Tokyo solo quest'anno, e un impegno
decennale. Dall'inizio dell'invasione russa, Kiev aveva già
firmato accordi di sicurezza con 15 Paesi, inclusi Italia,
Francia, Germania e Regno Unito.
Altro dossier chiave in Puglia per il sostegno all'Ucraina
era quello relativo ai beni russi congelati nelle banche
occidentali. Il confronto tra i partner G7 ha richiesto lunghe
settimane di lavoro degli sherpa, perché alle pressioni Usa gli
europei hanno opposto dubbi di carattere tecnico-giuridico e di
opportunità. Alla fine si è arrivati ad un accordo politico, che
andrà nel comunicato finale del summit. Come auspicato dagli
americani nelle ripetute interlocuzioni con la presidenza
italiana. Lo schema è quello di concedere un sostegno
finanziario aggiuntivo all'Ucraina di circa 50 miliardi di
dollari entro fine anno con un sistema di prestiti, garantiti
dai proventi dei beni russi congelati. Ai tecnici adesso
spetterà delineare come rendere fattibile dal punto di vista
giuridico, e operativo, questo piano. "Non si tratta di una
confisca ma di profitti che maturano", ha chiarito Meloni,
dicendosi comunque "fiera" per un "risultato non scontato". Le
hanno fatto eco Ursula von der Leyen e Olaf Scholz, che hanno
parlato di "un segnale forte Putin" e di "passo storico".
A Borgo Egnazia ampio spazio anche per l'altro fronte di
guerra. I sette grandi hanno ribadito il sostegno al piano Biden
in tre fasi che prevede innanzitutto un cessate il fuoco di sei
settimane a Gaza per favorire il rilascio degli ostaggi. Ma in
prospettiva, ha sottolineato Meloni, bisogna restare ancorati
all'obiettivo dei "due popoli e due Stati". Tutti d'accordo,
infine, sulla necessità che Israele si fermi a Rafah.
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