(dell'inviato Domenico Palesse)
Le uniformi bianche, in riga una
accanto all'altra. Una serie di fischi in un tempo che sembra
essere sospeso. Tutto a bordo si ferma, immobile. I rumori
lasciano spazio al silenzio. L'unico a cui è concesso 'parlare'
è il mare, che accarezza lo scafo con le sue onde mentre
l'equipaggio rende gli onori alle autorità che salgono o
scendono dalla nave. Un momento solenne, senza tempo, che
l'Amerigo Vespucci ha la capacità di amplificare, con le sue
passerelle in legno, gli ottoni lucenti e la maestosità di
alberi e vele.
Il "cerimoniale" prevede numero e tipo di suoni diversi in
base all'autorità. E così il "quattro alla banda" viene ordinato
per gli ufficiali fino al grado di capitano di vascello, mentre
i massimi onori ("otto alla banda") sono riservati alla bandiera
nazionale, ai capi di Stato o ai caduti. Una consuetudine,
quella dei trilli del fischietto, che una volta serviva per
chiamare il numero di marinai che sarebbero dovuti scendere alla
banda (vale a dire il corrimano del brandizzo, la scaletta di
ingresso alla nave) per illuminare il passaggio con le loro
lanterne alle autorità. Il numero delle lanterne era più alto in
base al grado, e quindi all'anzianità, dell'autorità che,
quindi, avrebbe avuto bisogno di più luce per raggiungere la
nave.
Quella dei fischi a bordo delle navi militari è una
tradizione che affonda le radici nei secoli scorsi quando
l'unico modo per poter comunicare era proprio attraverso il
suono di un fischietto, capace di vincere il rumore del vento
durante la navigazione. Uno strumento a forma di piccola pipa di
ferro, con un foro in cima attraverso il quale modulare il tono
del fischio. Ogni nocchiere ne ha uno, il suo inseparabile
compagno di viaggio che custodisce gelosamente per poi passarlo,
magari un giorno, ad un giovane cadetto.
Ma per 'suonare' il fischietto c'è bisogno di esperienza e
di abilità che si maturano negli anni. Un'arte codificata
attraverso un vero e proprio spartito sul quale si esercitano i
futuri nocchieri, guidati da quello che viene considerato il
"direttore d'orchestra", il nostromo. Sul Vespucci i nocchieri
sono 85, di cui cinque donne, e costituiscono circa un terzo
dell'equipaggio. Considerati i depositari dell'arte marinaresca,
sono loro gli addetti alle operazioni a bordo, tra nodi, cime,
vele e ponti. Conoscono ogni angolo della nave, ogni segreto di
un veliero come quello della Marina Militare. Ogni operazione a
bordo ha un fischio distintivo, un comando da eseguire soltanto
ascoltando un suono. "Era l'unico modo in passato per potersi
'parlare' senza essere sovrastati dal vento - racconta il
nostromo del Vespucci, Luca Zanetti -. Siamo così abituati ad
usare i fischietti che siamo in grado di riconoscere un
nocchiere semplicemente dal tono del suo fischio". E c'è
qualcuno, a bordo, che sta anche preparando un'opera musicale,
esclusivamente per fischietti.
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