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Le famiglie degli ostaggi di nuovo in piazza a Tel Aviv e Gerusalemme

Le famiglie degli ostaggi di nuovo in piazza a Tel Aviv e Gerusalemme

La rabbia dei manifestanti: 'Netanyahu ha riportato indietro Ben Gvir anziché i rapiti'

ROMA, 20 marzo 2025, 13:10

Redazione ANSA

ANSACheck
Israele: protesta di fronte residenza Netanyahu a Gerusalemme © ANSA/AFP

Israele: protesta di fronte residenza Netanyahu a Gerusalemme © ANSA/AFP

      Le famiglie degli ostaggi e i loro sostenitori stanno manifestando nel centro di Tel Aviv, chiedendo la fine della guerra a Gaza e il rilascio immediato dei rapiti. La protesta si intensifica mentre il governo posticipa una riunione sulla guerra per votare il possibile licenziamento del capo dei servizi di sicurezza interna, Ronen Bar, una decisione che ha suscitato l'ira dei parenti degli ostaggi.

     "La ripresa dei combattimenti è una condanna a morte", ha dichiarato la leadership della protesta in un comunicato diffuso giovedì. "Il governo sta giustiziando gli ostaggi, Benyamin Netanyahu ha deciso di riportare indietro Ben-Gvir invece di riportare indietro gli ostaggi".

    Le famiglie hanno espresso indignazione per il fatto che il governo avrebbe dovuto riunirsi giovedì sera per discutere il destino degli ostaggi ancora intrappolati nei tunnel, ma ha invece dato priorità alla questione del licenziamento di Bar.

    "Abbiamo chiesto un incontro urgente con il primo ministro e il governo per mesi", si legge nella dichiarazione. "Non abbiamo ricevuto né risposta né attenzione". L'ufficio di Netanyahu ha annunciato che la votazione sul licenziamento di Bar si terrà alle 21,30, nonostante l'opposizione del procuratore generale, che considera la mossa irregolare. Nel frattempo, secondo i media israeliani, la riunione sulla guerra, originariamente prevista per questa sera, è stata rinviata alla prossima settimana. 

   E anche a Gerusalemme migliaia di persone sono in marcia verso la Knesset per protestare contro la ripresa della guerra a Gaza da parte del governo Netanyahu e il mancato raggiungimento di un accordo per la liberazione degli ostaggi. Lo scrive Haaretz.
   

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