Incentivi fiscali, possibilità di
disinvestire in modo più semplice e una migliore conoscenza
delle opportunità: sono queste le principali esigenze sentite
dagli operatori del crowdinvesting, l'acquisizione, attraverso
piattaforme on line, di quote di imprese alla ricerca di
finanziamenti alternativi alla banca o alla Borsa.
Sono le conclusioni di 'Crowdinvesting made in Italy',
'Quaderno Fintech' della Consob che contiene un'indagine
conoscitiva dell'authority e dell'Università Politecnica delle
Marche con analisi sperimentali e un sondaggio tra gli operatori
del settore (aziende, investitori e gestori dei portali).
Lo studio - curato da Valeria Caivano e Paola Soccorso
(Consob) e da Caterina Lucarelli e Francesco James Mazzocchini
(Università Politecnica delle Marche) - mette a fuoco in tutti i
suoi aspetti il fenomeno del crowdfunding, versione digitale ed
evoluta della vecchia colletta tra amici, parenti, conoscenti,
che si trasforma in uno strumento per raccogliere risorse, sia
di capitale di che di debito, tra investitori potenzialmente
interessati a sostenere l'avvio di un progetto imprenditoriale.
La piena applicazione, a partire dall'11 novembre 2023, della
prima normativa organica in ambito europeo (Regolamento Ue
2020/1503) non ha trovato impreparato il nostro Paese, evidenzia
la Consob, il primo fra gli Stati membri a disciplinare nel 2013
gli investimenti in strumenti di capitale attraverso piattaforme
on line dedicate. L'Italia, infatti, si colloca attualmente al
secondo posto nella Ue per numero di operatori autorizzati,
seconda solo alla Francia.
I gestori di portali appaiono consapevoli dei propri punti di
forza e di debolezza e si stanno preparando a cogliere le
opportunità derivanti dal nuovo quadro regolamentare, quali
l'apertura transfrontaliera e il conseguente impulso alla
competitività e alla progressiva specializzazione delle
piattaforme.
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