Se hai scelto di non accettare i cookie di profilazione e tracciamento, puoi aderire all’abbonamento "Consentless" a un costo molto accessibile, oppure scegliere un altro abbonamento per accedere ad ANSA.it.
Ti invitiamo a leggere le Condizioni Generali di Servizio, la Cookie Policy e l'Informativa Privacy.
In evidenza
In evidenza
Responsabilità editoriale di Advisor
Responsabilità editoriale di Advisor
Gli investitori in private equity non dovrebbero temere la maggiore inflazione e l’intensificarsi dei conflitti geopolitici. Sebbene l’economia globale si troverà ad affrontare numerose sfide, i rendimenti del private equity fino a oggi sono stati solidi in ogni momento come sottolinea Richard Damming, (nella foto) head of private equity investments Europe di Schroders Capital.
“Dal 2008 ogni anno si sono verificati eventi problematici per gli investitori in private equity. Pensiamo alla grande crisi finanziaria o a quella dei debiti sovrani, passando per la Brexit e le tensioni commerciali Cina-Usa per arrivare al Covid. Ma, nonostante ciò, gli investitori in private equity hanno ottenuto dal 2008 al 2019 un tasso di rendimento medio del 16%, ed hanno avuto indietro 1,8 volte il capitale investito” precisa Damming. “Uno dei principali motivi è la diversificazione temporale. I fondi di private equity investono il capitale durante più anni: questo riduce la sensibilità ai cicli di mercato e fa sì che non abbia senso ragionare in ottica di “market timing” quando si parla di private equity. Inoltre, i fondi detengono gli asset a lungo, senza avere pressione di disinvestire a condizioni sfavorevoli”.
Inoltre nonostante sia venuto a mancare un fattore favorevole come il basso costo del debito, il calo delle valutazioni dovrebbe compensare decisamente questo elemento. “La riduzione di prezzo necessaria per compensare un livello inferiore di leva finanziaria e lasciare invariati i rendimenti è minore di quanto si possa pensare. Un calo dei prezzi del 12,5% è sufficiente per lasciare inalterati i rendimenti a fronte di una riduzione della leva dal 65% al 50%, a parità di altri fattori” continua Damming.
“Con i rendimenti che non saranno supportati da leva e multipli più alti, questo è il momento delle strategie focalizzate sulla crescita dei ricavi ed il miglioramento dei margini di profitto delle aziende. Ciò è più facile da trovare in società medio-piccole, spesso a conduzione familiare. Acquistare piccole società, espanderle, professionalizzare il management, migliorarne la profittabilità e poi rivenderle a premio come le grandi società è la strategia che sembra favorita” spiega l'esperto di Schroders Capital.
Per questo, secondo Damming, le strategie vincenti in questo decennio saranno probabilmente diverse da quelle del decennio precedente.
“Le società capaci di passare i maggiori costi ai consumatori si riveleranno più resilienti, mentre le altre avranno difficoltà.” conclude l'head of private equity investment Europe.
Responsabilità editoriale di Advisor
Ultima ora