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Responsabilità editoriale di Advisor
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L'Italia ha un tessuto imprenditoriale molto frammentato e le imprese spesso faticano a crescere a causa di diversi ostacoli, come i limiti del mercato dei capitali italiano. Di questo tema si è parlato nella nuova puntata del video-podcast Finance Explained di UBS AM che è realizzato in collaborazione con Will Media e che ha visto la partecipazione e il confronto tra Gianmarco Ottaviano, professore presso l’Università Bocconi, e Teresa Gioffreda, investment strategist di UBS AM.
I due esperti hanno illustrato come il panorama industriale italiano a differenza di quello di altri paesi è caratterizzato da un tessuto industriale di piccole e medie imprese, quasi l’80% del mercato, spesso a conduzione famigliare che rendono quindi il tessuto imprenditoriale molto più frammentato. Secondo Gianmarco Ottaviano questo evidenzia un problema di "nanismo" del sistema produttivo italiano, come molti studiosi lo hanno definito.
“Da un lato è presente un problema di approvvigionamento sul mercato dei capitali, ancora di vecchio stampo bancario; ma dall’altra parte c’è una difficoltà di crescita interna alle imprese che non dipende dal mercato dei capitali, ma anche dalla loro stessa capacità e volontà di trovare al loro interno le risorse umane, la determinazione all’investimento e la capacità di innovare che fanno crescere le imprese degli altri Paesi” sottolinea il professore. “Un’impresa italiana non quotata dovrebbe maggiormente guardare anche al potenziale di crescita sul mercato estero. I dati mostrano che se le imprese però sono piccole, la probabilità di entrare nei mercati esteri è davvero scarsa” continua Ottaviano.
Questo è “colpa” anche di una cultura molto diversa, come spiega Gioffreda, nel paragone con gli USA. “Negli Stati Uniti le fondazioni delle Università sono abituate a gestire portafogli di lungo periodo e investono quasi il 50% in azioni e una quote rilevante sui mercati privati. In Italia invece si tende a sovrastimare la liquidità di cui si ha bisogno e ad accorciare l’orizzonte temporale, spostandoci poco sui mercati azionari”.
Ci sono tuttavia settori molto attraenti per gli investitori esteri. E’ il caso di quello che ricade sotto il cappello “Made in Italy” che include non solo i grandi e noti marchi italiani, ma anche realtà più piccole che presentano un alto potenziale di crescita su mercati esteri sulle quali stanno investendo fondi internazionali, soprattutto americani e francesi.
“Dal punto di vista dell’investitore, le nuove piccole aziende («small cap», start up) sono in genere più focalizzate sui nuovi trend emergenti come la transizione ecologica e la digitalizzazione. Queste caratteristiche, unite alla loro capacità di fare impresa, potrebbero aiutare le aziende a crescere e attrarre nuovi investimenti” precisa Gioffreda.
Anche se per un investitore, soprattutto retail, è difficile capire - come evidenzia Ottaviano - se non è un esperto, le potenzialità di crescita inespresse da un’azienda. Anche se “avere un’azienda privata, magari anche di piccole dimensioni e non quotata, non vuol dire necessariamente avere un’azienda che non cresce” conclude Ottaviano.
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