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Responsabilità editoriale di Advisor
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L’approccio del settore finanziario verso i fattori ESG si è profondamente trasformato. Da tematica di nicchia, la sostenibilità è diventata mainstream per la maggior parte degli investitori.
Tuttavia, come evidenzia Eric Pedersen, head of responsible investments di Nordea Asset Management la consapevolezza riguardo i numerosi vantaggi offerti dai fattori ESG, le filosofie e gli approcci varia ancora, soprattutto su temi rilevanti come se sia più opportuno avviare un dialogo con le aziende (engagement) o limitarsi all’esclusione.
“In Nordea non abbiamo timori nell’escludere determinate aziende quando ritenuto opportuno, ad esempio a causa di violazioni delle norme internazionali o di specifici parametri ESG presenti nei singoli portafogli. Allo stesso tempo, riteniamo che l’engagement possa essere uno strumento estremamente efficace per promuovere un cambiamento positivo, proteggendo al contempo il valore degli azionisti e migliorando i rendimenti a lungo termine” precisa l’esperto della casa di gestione.
Il dibattito tra engagement ed esclusione si è intensificato molto dopo i vari summit sul clima in cui molti partecipanti hanno richiesto agli investitori di evitare essenzialmente di allocare capitale nei business emettitori di carbonio – in particolare aziende che operano nel settore minerario.
“Anche se da diversi anni abbiamo escluso le imprese con un’esposizione importante ad attività come l’estrazione di carbone e di sabbie bituminose, riteniamo che un’esclusione totale del settore minerario possa risultare estremamente nociva per la transizione globale verso l’obiettivo di net-zero. Avviare un programma di engagement con le aziende in cui è stata definita una strategia di transizione chiara e con la volontà di adattarsi a nuovi requisiti, può invece creare risultati positivi sia a livello finanziario che ambientale” precisa Pedersen.
“Limitarsi ad escludere i titoli e i settori ad alto tasso di emissioni, non rappresenta a nostro parere una strategia efficace per creare un cambiamento positivo” interviene Paul Malpas, ESG distribution lead di Nordea AM. “Se da un lato ci sono aziende che vanno escluse perché richiedono una reinvenzione completa del proprio modello di business, dall’altro ci sono diversi esempi di business che hanno solo bisogno di una spinta nella giusta direzione”.
Secondo l’esperto di Nordea AM ad esempio nell’ambito della decarbonizzazione, per ottenere un cambiamento positivo attraverso l’engagement, occorre concentrarsi su cinque temi primari.
Il primo è rappresentato proprio delle emissioni di gas serra. “Le aziende ad alta intensità di CO2 che non allineano le proprie attività ai requisiti identificati dalla transizione verso uno scenario di aumento delle temperature globali al di sotto dei 2°C , continuerà ad essere altamente esposta ad un aumento dei rischi di transizione, fisici e reputazionali” spiega Malpas.
Il secondo fattore è la gestione energetica. “Attraverso l’engagement, è possibile aiutare le aziende a migliorare l’efficienza energetica e la diversificazione delle risorse. Ciò può ridurre l’esposizione ai costi energetici variabili, ridurre le emissioni dei gas serra e contribuire a migliorare i costi e l’affidabilità dell’approvvigionamento energetico complessivo”.
Gli altri due punti riguardano la gestione delle acque e dei rifiuti e quello delle risorse naturali. In entrambi i casi guidare l’adozione di modelli circolari può contribuire ad affrontare la crescente scarsità di risorse naturali e i costi ambientali sempre più visibili della loro lavorazione.
Infine il quinto è disporre di un business model sostenibile. “I manager delle aziende selezionate devono essere disposti a riposizionare i business per essere resilienti alla transizione e ai rischi fisici del cambiamento climatico. A nostro avviso, la creazione sostenibile di valore a lungo termine sarà quasi impossibile se le aziende non dovessero reagire proattivamente alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio” conclude Malpas.
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