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ELIF SHAFAK, I RICORDI DELL'ACQUA (RIZZOLI, PP 540, EURO 20). L'acqua che è vita, che ha memoria e custodisce il segreto dell'infinito è l'anima del nuovo romanzo di Elif Shafak, in libreria dal 27 agosto per Rizzoli nella traduzione di Daniele A. Gewurz e Isabella Zani.
Un'epopea che attraversa secoli, continenti e culture, un romanzo mondo con il quale la grande scrittrice turco britannica, sostenitrice dei diritti delle donne, dei diritti Lgbtq+ e della libertà di espressione, insignita della medaglia di Chevalier de l'Ordre des Arts et des Lettres nel 2017, è attesa il 7 settembre al Festivaletteratura di Mantova. Le oltre 500 pagine de 'I ricordi dell'acqua' partono da una goccia che cade veloce e finisce sul capo dell'ultimo dei grandi sovrani del regno d'Assiria, il re bibliotecario Assurbanipal che amava le storie ed era un grande studioso del poema di Gilgamesh. Quella goccia è il preludio di un diluvio che travolgerà tutto.
"Gli alberi sono 'acqua con le radici', i torrenti sono 'acqua che fluisce', gli uccelli sono 'acqua che vola', le montagne sono 'acqua che si erge' e, quanto agli uomini, essi sono e saranno per sempre 'acqua in guerra', mai in pace" racconta la scrittrice.
Come una cantastorie Shafak ci porta con parole e immagini piene di bellezza e poesia dal Medioriente all'Occidente, ci conduce sulle rive del Tigri e del Tamigi con salti nel tempo, dalla Londra dell'Ottocento a quella di oggi, dalla Mesopotamia di Assurbanipal all'Iraq, incrociando le storie di tre indimenticabili personaggi e dei loro antenati. Il figlio del fiume, povero ma dalle doti eccezionali che porta un nome leggendario, Re Artù ma di Cloache e Catapecchie è nato nel 1840 in riva al Tamigi, accanto a un torrente di acque di scolo ed escrementi, e condivide la data di nascita con la primogenita della regina Vittoria. Per tutta la vita ha amato la poesia e ricomposto verso per verso l'antica epopea di Gilgamesh. "Re Artù di Cloache e Catapecchie è un personaggio immaginario, che vive nella mia fantasia, ma è liberamente ispirato a un'effettiva figura storica: George Smith" spiega nella nota finale la scrittrice. La bambina turca di etnia yazida Narin, battezzata nel Tigri, orfana di madre, cresciuta dall'adorata nonna che verrà rapita dall'Isis per essere venduta come schiava e Zalekiahh, una studiosa dell'acqua del XXI secolo, che vive in una casa-chiatta sul Tamigi, che è in cerca di una nuova via ma medita il suicidio.
Gli esclusi, i dimenticati, quelli che vengono ridotti al silenzio o sopraffatti come gli yazidi il cui genocidio "in tutto il suo orrore" non è ancora finito dice la scrittrice, trovano una voce potente e delicata in questo romanzo.
"'Quelli come noi… immigrati, esuli, profughi, ultimi arrivati, intrusi… Troppe parole per un sentimento riconosciuto e condiviso che però, per quanto spesso lo si possa definire, rimane ampiamente indistinto. Il viaggio della vita può essere pieno di rovesci di fortuna, ma i figli di rifugiati non potranno mai permettersi di scendere al di sotto del livello da cui sono partiti i loro genitori" scrive l'autrice che vive a Londra.
"La narrativa ci permette di cogliere argomenti importanti e sensibili da varie angolazioni, una libertà che andiamo via via perdendo nell'epoca dei social media e degli algoritmi privi di sentimento" afferma Shafak, autrice di libri come La bastarda di Istanbul e L'isola degli alberi scomparsi.
"Questo romanzo - aggiunge nella nota - è dove il mio cuore mi ha portata. Questo romanzo è la mia canzone d'amore per i fiumi…quelli ancora vivi e quelli che da tempo non ci sono più".
Molte cose nel libro sono ispirate, racconta, a fatti reali e personaggi storici. È vero il personaggio del dottor John Snow e "la sua scoperta che il colera si propaga attraverso l'acqua potabile, e non tramite l'inalazione di odori spiacevoli" che "ha molto contribuito allo sviluppo della moderna epidemiologia" e sono vere le ricette culinarie come quella dei biscotti allo zenzero con i simboli cuneiformi che si trova sul sito web del Penn Museum. Ma alla fine si torna a quella gocciolina che conserva i ricordi, è resiliente e ci connette tutti al di là dei confini del tempo, della geografia e dell'identità. Gli abitanti dell'antica Mesopotamia lo sapevano: "riconoscenti per ogni goccia d'acqua dolce che allietava i loro giorni, rendevano grazie ai fiumi… e li temevano".
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