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MARIA GRAZIA CALANDRONE, ''MAGNIFICO E TREMENDO STAVA L'AMORE'' (EINAUDI, pp.328 - 20,00 euro) - Una storia di cronaca, quella di Luciana Cristallo, una storia particolare che, invece di un femminicidio quale avrebbe potuto essere la sua conclusione, si risolve nell'omicidio di un uomo, ribaltando i termini consueti. E Maria Grazia Calandrone allora, a conclusione del romanzo che ripercorrendo quella vicenda reale ha scritto, si interroga sul perché questo sia stato per lei un bisogno. ''Sovrapponiamo la storia di Luciana Cristallo, assolta dopo aver ucciso il marito Domenico Bruno il 27 gennaio 2004 e averne poi gettato il corpo nel Tevere, alla vita breve di Lucia Galante (madre della scrittrice, cui ha dedicato il romanzo ''Dove non mi hai portata''), che il 24 giugno 1965 consegna la solitudine della sua storia all'acqua madre dello stesso fiume''. Due vite parallele per molti aspetti ma dai risultati diversissimi, per la diversa formazione culturale e soprattutto perché i tempi storici sono cambiati, c'è stata la legge sul divorzio e, infine nel 2014 le sentenze definitiva di assoluzione, ''sconvolgente per l'intelligenza e audacia, che motiva la scrittura di questo libro''.
La verità è anche altro, ed è la forza letteraria del libro che il lettore avverte, visto che l'autrice è un'affermata poetessa e narratrice dalla scrittura intensa, realistica e capace di farsi lirica quando non mutarsi in veri e propri versi. Quindi il tema che torna è quello di vittime e carnefici, di vittime della storia e vittime di se stessi, di carnefici coscienti e o solo frutto dei tempi.
La madre della Calandrone fu perseguitata dal marito, da cui era fuggita rifacendosi una vita, allora però non riconosciuta legalmente e che le crea difficoltà di sopravvivenza economica specie dopo la nascita della figlia. Diversi i tempi e la situazione di Luciana Cristallo, eppure il suo ''magnifico e tremendo'' amore si intride di violenza e lei viene picchiata per anni davanti ai quattro figli, finché un giorno, in cui forse sarebbe stata uccisa lei, grazie a un coltellino che le capita in mano, sopravvive e si vendica, o meglio si libera. Il suo nuovo compagno non la lascerà sola e, nel timore le venissero tolti i figli, decidono di far sparire il cadavere.
Tutto apparentemente semplice, eppure quell'intrecciarsi di amore e violenza è inquietante e così ce lo fa vivere la scrittrice con la forza della sua scrittura e della sua partecipazione, col notare debolezze verità della ''tenerezza feroce'' che ha certe volte per il marito violento, amore di cui si sente prigioniera... se non ci fossero i ragazzi. Poi ogni tanto prende le distanze per necessità e dovere di cronaca, per parlarci, per esempio, della legge sullo stalking.
Nell'Italia di Berlusconi che ''falcia in costume di carnevale la cultura italiana'' e col cui nome si aprono alcuni capitoli a sottolineare il valore del contesto, ecco la storia d'amore vita di questa coppia che si inalbera e intenerisce, sino al momento in cui il Dj Moccia di uno stabilimento di Ostia vede un tronco portato dalla mareggiata in spiaggia e si rende conto che no, è un corpo. Inizia allora il racconto della vicenda processuale con tutto ciò che questo comporta e che naturalmente vede sul palco degli imputati Luciana, mentre le indagini rivelano mille retroscena, specie sulla vita e il lavoro del marito Domenico Bruno. E come già dimostrato, la Calandrone sa condurre indagini proprie per ricostruire narrativamente quel che racconta con assoluta aderenza ai fatti.
Sono trentanove le udienze, prima della prima assoluzione il 23 ottobre 2012 per legittima difesa cui la pubblica accusa ricorre in appello e sarà Giancarlo De Cataldo con Mario Lucio D'Andria a ribadirla parlando di ''bene difeso'' e ''azione difensiva'' andando a comporre il quadro dell'innocenza. e allora non resta che cogliere l'anima delle cose, in versi: ''La verità che splende / è l'irreparabile innocenza di tutti / .... / Traiettorie, vibranti / cerchi ciechi, schiume di eventi che il nero profondo / lentamente riassorbe / dentro l'evoluzione della specie, dove i fatti di tutte le vite vengono / ingoiati, lasciando traccia di un comune vagito animale''.
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