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DIPO FALOYIN, L'AFRICA NON È UN PAESE. ISTRUZIONI PER SUPERARE LUOGHI COMUNI E IGNORANZA SUL CONTINENTE PIÙ VICINO" (ALTRECOSE, PP 480, EURO 22 ) - Smonta la visione, gli stereotipi e le sbrigative semplificazioni con cui da secoli viene rappresentata e raccontata l'Africa in Europa il nuovo libro del giornalista e scrittore britannico di origini nigeriane, Dipo Faloyin, 'L'africa non è un paese. Istruzioni per superare luoghi comuni e ignoranza sul continente più vicino'. Il saggio sarà in libreria il 28 agosto per Altrecose con la prefazione di Eugenio Cau, nella traduzione dall'inglese di Tommaso Bernardi.
Faloyin, che si occupa di identità e questione razziale e collabora con Vice, The Guardian, Newsweek ed Esquire, l'8 settembre sarà al Festivaletteratura di Mantova con questo trascinante viaggio di scoperta, ricco di ironia, in cui ci fa vedere come il mondo occidentale da secoli tratti l'Africa in maniera diversa da ogni altro continente, senza tenere conto delle differenze culturali, sociali, economiche che dell'Africa sono la maggiore ricchezza. "Ho avuto la sensazione che Dipo Faloyin voglia ricordarci - benché lo dovremmo già sapere - che anche per l'Africa l'eccezionalità non è normale. Che anche per chi vive in Africa è normale guardare serie tv e litigare sulla miglior ricetta del riso jollof. Che le dittature non sono state inventate in Africa. Che Lagos, la capitale della Nigeria, 'è New York, se New York si impegnasse davvero a non dormire mai'" afferma Eugenio Cau nella prefazione.
A volte capita di sentir dire "È scoppiata una guerra in Africa", oppure "Mi piace la cucina africana", come potremmo dire che c'è stata una nevicata in Spagna o che siamo appassionati di cibo vietnamita. Nella mente di molti europei, pensando all'Africa, spuntano subito immagini riconoscibili e univoche.
"Per troppo tempo - dice Faloyin, che è cresciuto a Lagos e vive a Londra - l'Africa è stata trattata come un sinonimo di povertà, fame, corruzione, guerre civili ed estese regioni di terra rossa e arida dove non cresce altro che sofferenza. Oppure è stata presentata come un grande parco safari dove leoni e tigri si aggirano liberamente intorno alle nostre case e gli africani passano le giornate raggruppati in tribù di guerrieri, seminudi, armati di lance a caccia di animali, o che saltano su e giù in riti ritmati mentre aspettano che sia consegnato il prossimo pacco di aiuti. Povertà o safari, e niente in mezzo".
Conosciamo tutti questi stereotipi. Ma l'Africa è molto altro, non è una cosa sola, e non è un paese come mostra questo libro ricco di informazioni in cui l'autore esamina l'eredità coloniale delle tante nazioni che compongono il continente africano e spazia fra i temi più vari - dalla vita urbana di Lagos alla rivalità, tipica dell'Africa occidentale, su chi cucini il miglior riso jollof. Un racconto personale ma anche politico e un lavoro prezioso di divulgazione.
Privare un individuo della propria personalità e delle proprie idiosincrasie "è già abbastanza devastante. Ma applicando lo stesso trattamento riduttivo a una comunità, a un paese, a una razza intera si crea una narrazione falsa, tossica, che si tramanda per generazioni finché la finzione diventa un fatto, che a sua volta diventa una conoscenza condivisa e contagiosa, trasmessa di continuo nelle scuole, ai pranzi di famiglia, nei libri e nelle immagini della nostra cultura popolare" spiega nel saggio Faloyin. "Poche realtà sono state sottoposte a una simile distorsione più volte dell'Africa, un continente di cinquantaquattro paesi, più di duemila lingue e quasi un miliardo e mezzo di persone. Una regione del mondo che viene trattata e descritta come se fosse un unico paese, privo di sfumature e condannato per sempre alle privazioni" sottolinea l'autore del libro.
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