"Come mi si può definire? Sono indefinibile. Sono tante cose. Non canto più, recito solo le cose che mi piacciono, possono anche essere un cordon bleu della cucina emiliana. Sono indefinibile, anche per me stessa". Così raccontava di se' Laura Betti (Casalecchio di Reno, Bologna, 1 maggio 1927 - Roma, 31 luglio 2004), una delle donne più affascinanti e controverse della cultura italiana del secondo Novecento, forse poco nota ai più, ma della quale basterebbe anche solo dire che le dobbiamo "tutto" il Pasolini che abbiamo.
A raccontarla, all'indomani dei vent'anni della scomparsa, è lo Speciale Laura Betti, l'artista ribelle, quindici puntate a cura di Silvana Matarazzo, che Rai Radio Techete' le dedica a partire da domani 24 febbraio, alle 17 e alle 19.
"Attrice, cantante, regista, Laura Betti era una personalità molto conosciuta negli anni '70-'80", racconta all'ANSA Matarazzo, che, oltre a curare ogni giorno I teatri alla radio, per Radio Techeté sta preparando due dirette dedicate a Carlo Levi per i 50 anni dalla morte ( in onda 26 febbraio) e a Giacomo Casanova, per i 300 anni dalla nascita (26 marzo).
Partita come cantante jazz, dopo il cabaret con Walter Chiari ne I saltimbanchi, "Laura Betti - racconta la curatrice - debuttò a teatro nel 1955 con Il crogiuolo di Arthur Miller diretta da Luchino Visconti. Fu lui a consigliarle di abbreviare il cognome, da Trombetti in Betti". La carriera prende il volo negli anni '60 con Giro a vuoto, recital con testi di Ennio Flaiano, Giorgio Bassani, Camilla Cederna, Goffredo Parise, Alberto Moravia e Pier Paolo Pasolini. Al cinema la chiamano Fellini, Bertolucci, Bellocchio. "Era un'artista di gran talento - prosegue Matarazzo - e una donna capace, diremmo oggi, di fare rete". Come racconta lo Speciale, "era proverbialmente ostica, stravagante, eccessiva, aggressiva e deposta a tratti, capace di grandi amori e altrettanto accesi sentimenti contrari, coraggiosa oltremodo e con una sincerità assoluta che spiazzava.
Eppure, la sua casa in via Montuoro, a due passi da Campo di fiori a Roma, era sempre frequentatissima da intellettuali, scrittori, registi. Anche perché era una cuoca divina".
Soprattutto, nel suo salotto c'era spesso Pier Paolo Pasolini, che lei amò per tutta la vita, di un amore impossibile. "Lui la chiamava la 'pupattola bionda' - prosegue Matarazzo - La volle in diversi film. E in Teorema le affidò la parte della serva Emilia, con la quale vinse la Coppa Volpi alla Mostra del cinema di Venezia del '68".
Alla morte di Pasolini, la sua vita cambia. Convinta che dietro quell'omicidio ci fossero mandanti più "alti", si trasforma in ricercatrice e percorre tutta l'Italia, fino a Casarsa della Delizia, per raccogliere ogni scritto, testo e poesia di Pasolini, costituendo nel 1983 il Fondo a lui intitolato che dirigerà per vent'anni.
Lo Speciale oggi raccoglie materiali d'archivio, sue interviste, interpretazioni radiofoniche e teatrali come Lulù di Carlo Bertolazzi, La vedova scaltra di Goldoni, La grande Caterina di George Bernard Shaw che lei stessa riduceva, in particolare con la regia di Andrea Camilleri. Ad arricchire il ritratto, gli interventi per l'occasione di Renzo Paris, autore della biografia Madame Betti (ed. Elliot), ed Emanuele Trevi che in Qualcosa di scritto (ed. Ponte alle Grazie) ripercorre l'esperienza giovanile al Fondo Pasolini. Infine, Roberto Chiesi, responsabile del Centro Studi - Archivio Pasolini della Cineteca di Bologna, ricorda con commozione una donna sensibile, sofferente, dietro l'apparente durezza, animata da "una disperata vitalità", come recita una delle poesie di Pasolini che lei amava.
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