"Come lo spieghi Mastroianni? Eh… - sospira Luca Argentero - E' un simbolo, un attore che ha fatto la storia del nostro cinema, ma che, insieme alla Loren forse, è diventato anche un modo di raccontare il nostro Paese all'estero". Proprio a lui, attore amatissimo dei nostri tempi, tocca oggi raccontare il divo più acclamato di sempre del cinema italiano (e non solo), come narratore in "Ciao, Marcello.
Mastroianni l'antidivo", docufilm diretto da Fabrizio Corallo che ne firma anche la sceneggiatura con Silvia Scola, che Rai3 propone il 29 ottobre in prima serata per il centenario della nascita di Mastroianni (1924 - 1996).
Una coproduzione Surf Film S.r.l. - Dean Film S.r.l. - Luce Cinecittà S.p.a. con la partecipazione di Rai Documentari, dove l'attore, nato a Fontana Liri (FR), figlio di un falegname e di un'impiegata, viene celebrato da un'angolazione inedita e con un tono il più possibile "understatement", come era nella sua natura. Tra materiali d'archivio, backstage girati sui suoi set, brani di fllm e video privati, Argentero ne ripercorre la vita avventurosa e la carriera straordinaria con una giovane assistente montatrice (Barbara Venturato).
"E' un modo per rendere omaggio, nel mio piccolo, a un interprete che è un punto di riferimento per tutti quelli che fanno questo mestiere - racconta all'ANSA - Mastroianni aveva un modo di recitare assolutamente moderno e contemporaneo. Molti attori di quella generazione erano già molto avanti. Penso anche a Ugo Tognazzi. Lui in più è riuscito a portare nel mondo il cosiddetto Made in Italy e a raccontare alcune delle nostre facce più belle. Ha contribuito, secondo me, a creare il mito dell'Italia. E' un gran pezzo della nostra storia e cultura".
Dagli esordi in teatro con Luchino Visconti (e Vittorio Gassman ad aiutarlo con le battute in camerino), in 150 film Mastroianni ha lavorato con tutti i grandi, da Monicelli a Scola, Antonioni, Ferrei. Federico Fellini lo elegge suo alter ego e lo consacra in capolavori come: La dolce vita e Otto e mezzo. Ci sono poi tutte le sue donne, sul set e nella vita, da Sophia Loren che diventerà quasi una sorella e con cui gira dodici pellicole (da Una giornata particolare a Matrimonio all'italiana) alla moglie Flora Carabella, poi Ursula Andress, Anita Ekberg, Faye Dunaway, Catherine Denevue, le figlie Chiara e Barbara, Anna Maria Tatò.
I suoi vizi e virtù, dalla "telefonite" al cibo, per lui tema "serissimo". E anche il capitolo, meno noto, di quel musical che volle assolutamente fare con Garinei e Giovannini, Ciao Rudy, dedicato a Rodolfo Valentino.
"In comune? - prosegue Argentero -Un po' mi riconosco in un certo tipo di garbo, nel cercare di essere, oltre che dei bravi professionisti, anche brave persone, educate, gentili. Attente ad esempio ai partner con cui si lavora".
Un capitolo del documentario è dedicato al divismo e quell'immagine da latin lover che, complici alcuni ruoli e anche le cronache rosa, inseguì Mastroianni in tutto il mondo.
"E' il mestiere dell'attore che può proiettare su di te un'idea del pubblico che non corrisponde alla realtà - commenta- Nel documentario c'è un'intervista alla tv americana in cui lo spiega bene. È come quando mi chiedono come ci si sente a essere un sex symbol. Non accade che ti svegli la mattina, ti guardi allo specchio e dici: oddio sono un sex symbol . Lo scrivono i giornali. Cosa invidio a Mastroianni? I grandi sodalizi, come quello con Fellini. Diventare la nemesi di un grande regista porta sicuramente grande valore alla tua carriera di attore. Mi vengono in mente Sorrentino e Servillo". Una parte? "Metà dei suoi ruoli, al suo posto, li farei volentieri. Ma non un remake - sorride - Sono da evitare come la peste, come le biografie".
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