Qual è lo 'stato delle cose' del
teatro italiano, ovvero della sua drammaturgia, della sua regia
e degli attori che danno vita ai testi? Prova a dare una
risposta l'autore e regista Massimiliano Bruno che per farlo
riporta sul palco del teatro Parioli Costanzo a Roma lo
spettacolo 'Lo stato delle cose', parte seconda, in scena da
domani 15 gennaio fino al 26. Con un cast di 30 giovani attori e
testi completamente diversi rispetto allo spettacolo che
debutto' nel 2023, la scommessa cambia e se possibile raddoppia:
"la scorsa volta avevo utilizzato pezzi che avevo scritto io per
grandi attori facendoli interpretare a giovani, raccontando un
po' la mia carriera; ora i testi sono scritti da dieci autori
giovani e ci sono altrettanti registi a metterli in scena"
spiega Bruno che firma la regia insieme a Sara Baccarini già
aiuto regista nella scorsa edizione. "In sostanza riproponiamo
un format che all'interno contiene dei 'corti' teatrali: brevi
storie malinconiche, romantiche o che fanno sorridere,
interpretate da attori giovani che ho scelto vedendoli
recitare,; molti arrivano dal 'Grande slam' che è la mia scuola
- racconta - perché mi sembra giusto dare una opportunità di
visibilità poi certo il resto sta al talento e alla fortuna dei
singoli artisti". Ognuna delle due settimane di programmazione
vedrà in scena spettacoli diversi "senza che a interpretarli
siano gli stessi attori mentre a volte gli autori firmano testi
in entrambe le programmazioni" spiega ancora il regista che con
questa iniziativa punta a colmare il vuoto di iniziative che
hanno al centro i giovanim su cui a suo giudizio si investe
troppo poco. "Abbiamo uno star system di 50-60enni - dice- che
sullo schermo agiscono e vivono come se avessero 30 anni, va
bene, per carità, il pubblico è affezionato e va a vederli ma il
problema è il ricambio generazionale. Questo è un paese dove si
esordisce alla regia a 40/45 anni. Non so se come una volta mi
ha detto Mannarino qui c'è una guerra vecchi contro giovani, ma
di certo gli rendiamo difficile entrare". Se gli attori giovani
faticano ad avere occasioni di arrivare alla ribalta, gli autori
che scrivono per il teatro sembrano sempre di meno. "Io avevo 27
anni quando ho scritto il monologo 'Gli ultimi saranno gli
ultimi' portato al successo da Paola Cortellesi" e che poi è
diventato un film diretto dallo stesso Bruno. "E non c'ero solo
io, c'erano tanti autori e registi giovani, ora i teatri fanno
difficoltà a trovare la nuova drammaturgia" osserva. "Forse
abbiamo vissuto in anni che hanno visto tanti scontri, c'era un
humus socio-politico molto forte quindi maturavamo prima". Senza
contare che alla scrittura più libera da condizionamenti e
quindi più efficace potrebbe avere nuociuto, ragiona Bruno,
anche un'interpretazione troppo rigorosa del 'politicamente
corretto'. "Noi autori dobbiamo essere liberi di dire tutto
quello che ci pare, tutto cio' che vogliamo, altrimenti diamo
retta a quelli che vanno nella redazione di 'Charlie Hebdo' e
sterminano tutti..". Conciliare troppo le esigenze espressive
con le indicazioni della cultura woke "puo' rischiare di far
scrivere 'ti stimo' invece che 'ti amo'".
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