Una maratona nelle cupe atmosfere
di James e di Britten. Ieri sera per l'inaugurazione congiunta
del Teatro Nazionale e del Carlo Felice sono andati in scena al
Teatro Ivo Chiesa "Il giro di vite" di Henry James nella
coinvolgente trasposizione teatrale firmata da Carlo Sciaccaluga
e "The turn of the screw" di Britten, ispirata allo stesso
romanzo di James.
Un impegno artistico rilevante che è stato in parte toccato
da uno sciopero indetto dalla Cgil e che ha interessato il
comparto tecnici del Carlo Felice, costringendo Davide Livermore
(firmatario della regia di entrambi gli spettacoli) a rivedere e
ridimensionare l'aspetto visivo: l'azione scenica infatti è
stata limitata all'essenziale e sono mancati quegli effetti che
erano stati immaginati, ad esempio, per rendere drammaticamente
le apparizioni degli spiriti. Nell'introdurre la serata, lo
stesso Livermore ha invitato il pubblico a ritornare
gratuitamente a vedere lo spettacolo nella sua interezza.
L'operazione proposta, indubbiamente originale, si è rivelata
particolarmente utile per il pubblico perché i due lavori, pur
autonomi, sono parsi fra loro complementari.
Il romanzo di James, scritto nel 1898, è ambientato in una
casa della campagna inglese nella quale vivono due bambini
orfani. La tranquillità della casa viene turbata dalle
apparizioni degli spiriti del vecchio servitore e della
precedente istitutrice che cercano di attrarre i due bambini ai
quali erano morbosamente legati. Nel tradurre e adattare alla
scena il romanzo di Henry James, Carlo Sciaccaluga ha operato
una sorta di sintesi fra lo stesso James e Britten: ha scritto
un prologo nuovo, inserito elementi che non si trovano nel
romanzo, ma nel libretto che Myfanwy Piper ha realizzato per
Britten. Il lavoro di Sciaccaluga, insomma, ha suggerito
risposte che James non ha dato, lasciando molti interrogativi
aperti (il tema, ad esempio, della pedofilia centrale tanto in
James quanto in Britten), e ha allargato la prospettiva sul tema
centrale, il male.
Componendo "The turn of the screw" per il Festival di Venezia
del 1954, Britten ha creato infatti una delle sue partiture più
profonde. Originale l'organico (13 soli strumentisti e sei
voci), particolare la scrittura vocale, rigorosa la costruzione
del materiale originato da un tema di dodici note che funge da
base per le splendide variazioni strumentali e per le sedici
scene dei due atti. Venendo allo spettacolo, la lettura è parsa
convincente grazie all'intelligenza interpretativa di Livermore
che, sulla scena unica e scarna di Manuel Zuriaga ha saputo
lavorare al meglio con attori e cantanti.
Eccellenti i due cast di attori e cantanti: Linda Gennari e
Karen Gardeazabal (l'Istitutrice), Gaia Aprea e Polly Leech (Mrs
Grose), Aleph Viola e Valentino Buzza, (Quint), Virginia
Campolucci e Marianna Mappa (Miss Jessel), Ludovica Iannetti e
Lucy Barlow (Flora), Luigi Brignone e Oliver Barlow (Miles).
Riproduzione riservata © Copyright ANSA