Applausi in sala a Giffoni per
l'anteprima nazionale di "L'ultima settimana di settembre",
opera prima di Gianni De Blasi con protagonista Diego
Abatantuono. Il regista arriva a Giffoni con in mano un
cappellino "E' un regalo che mi ha fatto sul set Diego". Una
sorta di portafortuna. "L'ultima settimana di settembre", al
cinema dal 12 settembre distribuito da Medusa Film, tratto
dall'omonimo libro di Lorenzo Licalzi edito da Rizzoli, racconta
la storia di un anziano scrittore in declino, Pietro Rinaldi.
Rimasto vedovo e stanco della vita, Pietro progetta di
suicidarsi nel giorno del suo compleanno. Ma un'inattesa
tragedia sconvolge i suoi propositi: la morte improvvisa di sua
figlia e del genero a causa di un incidente automobilistico lo
costringe a occuparsi del nipote adolescente Mattia,
interpretato da Biagio Venditti. La produzione è Tramp Limited,
in associazione con Passo Uno Cinema e Medusa Film e in
collaborazione con Prime Video.
"Mi ha subito entusiasmato il personaggio di Pietro Rinaldi che
prova la stanchezza di vivere. Lui - sottolinea De Blasi -
decide di anticipare la morte non per depressione ma per
stanchezza. È un personaggio che ci ha suggerito colori
sfumati". Dunque, "Abatantuono calzava a pennello: il nostro è
un film drammatico con delle punte di alleggerimento". La sfida
più grande, non a caso, è stata proprio questa: "Era complicato
avere un racconto drammatico e mantenere, al tempo stesso, un
equilibrio tra il dramma e l'alleggerimento - spiega il regista
- Abbiamo optato per una scrittura e una costruzione delle scene
che fosse morbida. Ci sono dei movimenti lievi di avvicinamento
tra i due personaggi, c'è una morbidezza di scrittura". E
ancora. "Il mio intento era costruire un film che avesse gli
ingredienti del cinema italiano ma anche una regia visiva del
cinema che fosse europea. Esiste un'Europa unita ma anche un
cinema europeo", sorride.
Accanto a lui, a Giffoni, anche il giovane co-protagonista,
Biagio Venditti. Che non nasconde l'emozione di aver lavorato
con Abatantuono: "È stato fantastico. Lui è stato molto profondo
con me. È stato importante per me stare attento a ciò che lui
voleva dalla scena, quindi parlargli, stare concentrato. Ci
vedevamo dieci, quindici minuti prima di arrivare sul set per
parlarci e capirci, anche con Gianni. Ho appreso tante cose che
mi sono portato a Roma e nella vita di tutti i giorni".
Il film è anche un racconto che mette insieme e confronto
generazioni assai diverse, oltre che anagraficamente distanti.
"Pietro e Mattia - spiega De Blasi - sono stati costretti a
riempire un buco, quello lasciato dalla generazione intermedia
dei genitori del ragazzo. Quindi, per riempire questo buco uno
doveva avanzare e l'altro doveva arretrare". Il confronto tra i
due è "innanzitutto sul lutto, che è universale - continua De
Blasi - Pietro ha perso una figlia e Mattia i genitori. Entrambi
hanno perso la cosa più importante. Questo per noi era
prevalente nell'avvicinamento dei due, che è fuori dal tempo".
Eppure, un contesto c'è: "Il film è ambientato nel 2017, non a
caso, perché è l'inizio della musica trap e l'inizio di alcune
situazioni. Mi sembra un po' una porta aperta verso quello che
siamo oggi". E ancora. "Nel 2017 Mattia si affaccia all'età
adulta e Pietro è ancora estremamente boomer. C'è un po' il tema
del vecchio non al passo con i tempi, ma senza forzare troppo".
In ultima analisi, il film racconta di una "crescita interiore".
E il suo messaggio più forte è uno solo: "Si può continuare a
vivere finché non si muore. Questo vuole dire il nostro film",
afferma De Blasi.
Non manca un commento sul rapporto con i nonni da parte dei
protagonisti. "Io ho un grande rapporto con i miei nonni -
racconta Venditti - Mia nonna è come una seconda madre, c'è
sempre stata, ci ha sempre tenuti tra le sue braccia". E De
Blasi rivela di aver dedicato il film "a un nonno che si chiama
come me ma che non ho mai conosciuto perché è morto prima che io
nascessi. Eppure, per tutti i racconti che mi ha fatto mio
padre, è come se lo conoscessi".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA