(di Chiara Venuto)
JEAN-PIERRE DARNIS - TRANSALPINI. LE
RELAZIONI TRA FRANCIA E ITALIA E IL RILANCIO DEL GIOCO EUROPEO
(LUISS UNIVERSITY PRESS, PP. 172, 20 EURO)
"Il luogo di due sguardi che s'incrociano pur comprendendosi
poco, troppo occupati a compiacersi della propria visione": è
così che Jean-Pierre Darnis, professore ordinario all'università
della Costa Azzurra e docente alla Luiss, definisce il complesso
rapporto diplomatico tra noi e i cugini francesi in Transalpini
- Le relazioni tra Francia e Italia e il rilancio del gioco
europeo (Luiss University Press).
Il libro è preceduto da un'appassionata prefazione di Daniele
Bellasio, vicedirettore del Sole 24 Ore. La sua, una riflessione
sulla necessità di "studiare la storia e analizzare le società
politiche" delle due 'sorelle latine', per "scoprire - scrive il
giornalista - perché la più naturale delle alleanze tra vicine
nazioni europee finisce troppo spesso e troppo presto in
stereotipi antagonizzanti, rotture plateali, frizioni costanti".
Proprio ciò che fa Darnis nel suo libro: ripercorre la
cronologia di un dialogo difficile, tra momenti di avvicinamento
e altri di maggiore tensione, alla ricerca di ragioni e
soluzioni a quanto è avvenuto e tuttora avviene a livello
geopolitico.
Spazio, dunque, a uno studio del passato che va dalla
campagna d'Italia di Napoleone al cosiddetto 'schiaffo di
Tunisi'. E, poi, il tira e molla, acuito dalle rivendicazioni
territoriali, nel periodo dei due conflitti mondiali. Dunque il
dopoguerra, il processo d'integrazione europea, la presidenza
Mitterand, la questione dei rifugiati italiani. Fino all'odierno
raggelamento.
Stati vicini ma non troppo, dunque. A pesare tra Francia e
Italia, come anticipa già Bellasio e conferma Darnis, sono
proprio "l'eredità storica e delle rispettive rappresentazioni".
Ma anche scelte strategiche diverse. Lo si vede nell'ambito
economico: mentre la Francia è il primo investitore nel nostro
Paese, non si può dire l'opposto.
Eppure, qualcosa sta cambiando. Oggetto delle attenzioni
dell'autore è il Trattato del Quirinale, avviato sotto Macron e
Gentiloni e portato a compimento durante il governo Draghi nel
2021. Ad oggi - nonostante i rapporti più freddi di Meloni con
la Francia - grazie ad esso sono stati raggiunti risultati
importanti dal punto di vista della cooperazione
ministeriale-amministrativa. Anche se ancora "notiamo i ritardi,
per non dire la riluttanza, a organizzare la parte più simbolica
e 'alta' del Trattato - si legge tra le pagine di Transalpini -
tutto sommato potrebbe non essere un problema. Come nel caso
franco-tedesco, l'impianto istituzionale bilaterale è in grado
di funzionare anche quando non viene pienamente rivendicato dai
capi di governo".
Per Darnis questo è apprezzabile anche in una logica
comunitaria, perché anche i rapporti a due fanno bene al
continente. "L'integrazione europea genera il bisogno di
sviluppare quadri istituzionali nuovi e di migliorarne
l'amministrazione - spiega - obiettivi che passano per un
consolidamento della dimensione bilaterale" al di là della
"percezione diffusa di una realtà europea votata esclusivamente
allo sviluppo degli strumenti comunitari".
Il trattato tra Francia e Italia "si pone senz'altro un
obiettivo pragmatico, fornirsi di uno strumento di mediazione
che porti a una maggior fiducia e stabilità nei rapporti tra i
due Paesi", prosegue Darnis, "operazione più che necessaria se
si pensa alla storia recente". E che richiede una "strategia
politica" che passi anche dalla "reinterpretazione delle proprie
identità" al fine di "progettare un avvenire comune": "un
esercizio difficile", commenta, "ma non impossibile", e che può
eventualmente diventare un "modello capace di rinforzare
l'Unione con l'apporto di una dimensione complementare
all'approccio comunitario".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA