(dell'inviata Mauretta Capuano)
Le ultime elezioni in Usa? "Sono
un segno straordinario del deficit dell'istruzione negli Stati
Uniti". Daniel Pennac parla del "disastro della cultura che ora
vediamo in America, ma che è una minaccia che incombe in tutti i
Paesi del mondo. Tante persone sono state abbandonate e ci si è
accorti che erano la maggior parte del Paese. Poi è inutile
chiedersi di chi è la colpa", dice nel giorno di inaugurazione
della Bologna Children's Book Fair.
Alla Fiera è venuto con Stefano Bartezzaghi per presentare
'Le parole che fanno il solletico' (Salani), scritto con il
linguista e con il contributo di Yasmina Melaouah e le
illustrazioni di Francesca Arena. Affollatissimo l'incontro in
cui, tra risate e applausi, Pennac, scherzando con Bartezzaghi,
suo allievo, riflettendo sul corpo della scrittura, sui modi di
dire e facendo rivivere alcune fiabe, tocca i punti dolenti
della realtà contemporanea. "Chi è l'orco, chi è l'orco?
Somiglia a Trump, ha le sembianze di Trump" dice scherzosamente
mentre ripercorre la fiaba Pollicino. Ma il punto che sta più a
cuore all'autore dell'amata saga di Malaussene e di Come un
romanzo, in cui sosteneva il diritto di non leggere, di saltare
le pagine, di non finire un libro, è l'istruzione. "Mi rivolgo
al pubblico dei professori come sono stato io. Non ci si può
accontentare di dare la responsabilità ai telefonini, agli
schermi, per parlare dell'abbandono della lettura dei giovani.
Sono affidati alle nostre mani. Insegnare non può essere solo
trasmettere il sapere, è anche condividere la conoscenza e la
felicità che ci ha dato. Perché sono stato felice nella vita?
Uno degli elementi è la lettura, la letteratura. Il mio dovere
come professore, se voglio che i miei alunni amino la
letteratura e non solo che abbiano successo negli studi, è
condividere tutto ciò che alla loro età ho amato, i libri che mi
piacevano e che devo leggere a voce alta. È l'unico modo che
abbiamo di impegnarci nell'immaginazione", sottolinea Pennac.
Ma se dovesse aggiungere un nuovo diritto a quelli inclusi in
Come un romanzo, quale sarebbe venticinque anni dopo? "Il
diritto di addormentarci mentre si sta leggendo un libro che ci
piace moltissimo" sorride lo scrittore.
In questo terzo libro per ragazzi che è un inno d'amore alle
parole, in cui si distingue tra linguaggio letterale e figurato
e si scandagliano tanti modi di dire e proverbi come 'buttare un
occhio' o 'chiudere il becco', Pennac e Bartezzaghi non
vogliono trasmettere "nessun messaggio, ma dare piacere ai
ragazzi e alle ragazze". "Il 98% dei lettori sono lettrici. In
questo momento sto scrivendo un libro sulla pittura, nei musei
e c'è lo stesso fenomeno. Il 99% dei visitatori dei musei sono
visitatrici. Gli agenti culturali di tutti i Paesi sono le
donne" sottolinea Pennac che il 1 aprile sarà presente al premio
Inge Feltrinelli Kids in Fiera. Lo scrittore alleggerisce anche
la questione dell'Intelligenza Artificiale. "Dobbiamo dire la
verità. Stefano (Bartezzaghi) e io amiamo tantissimo l'IA perché
ci permetterà finalmente di riposare un po'" dice Pennac.
Tra le letture preferite dell'infanzia cita Pinocchio,
"perché si diceva che era bugiardo, ma non era proprio così,
aveva una bella immaginazione" e I tre moschettieri".
'Le parole fanno il solletico' sono dei dialoghi tra adulti e
ragazzi sui modi di dire quando vengono presi alla lettera. Un
libro intraducibile che riproponiamo in versione italiana
inventandoci qualcosa con i proverbi da una lingua all'altra.
Non era detto che ci saremmo riusciti" spiega Bartezzaghi. "Ci
sono due tipi di linguaggi: quello letterale in cui le parole
significano quello che significano e basta. E il linguaggio
figurato in cui si usano immagini per produrre senso. Tutto il
linguaggio è nato dal corpo. Adesso con l'IA c'è qualcuno che
parla senza avere un corpo e non ha umanità" sottolinea
Bartezzaghi che insegna Semiotica della Creatività
all'Università Iulm di Milano. "Quindi, i muri hanno orecchie,
sì: è la curiosità che gliele fa venire fuori" dicono nel libro
in cui ogni capitolo è dedicato a un modo di dire che si
conclude con la voce 'Avere gli occhi foderati di prosciutto'.
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