(di Marzia Apice)
JENNIFER TAMAS, SI PUO' ANCORA ESSERE
GALANTI? (Marietti1820, pp.72, 8.50 euro. Traduzione di Giulia
Frare). Non è tanto una mera questione dell'uomo che apre la
portiera della macchina alla donna o che le offre la cena: la
galanteria è un fenomeno complesso e politico, legato al genere
e alla storia dei femminismi, che va affrontato come
un'opportunità per trasformare i rapporti interpersonali e le
dinamiche di potere tra i sessi. A spiegarlo in un saggio
illuminante è Jennifer Tamas nel libro "Si può ancora essere
galanti?", in uscita il 7 febbraio per Marietti1820. Scritto in
modo fluido e accattivante, senza alcuna pesantezza pur essendo
ricco di spunti accademici e riferimenti letterari, il libro
ripercorre le origini della galanteria nel XVII secolo, in una
riflessione che rivela le radici storiche, culturali e politiche
di questa pratica sociale fino a toccare temi di stretta
attualità come il movimento #MeToo e le app di incontri oggi
iperfrequentate. Il nodo principale per l'autrice, docente di
Letteratura Francese dell'Ancien Régime negli Stati Uniti, alla
Rutgers University (New Jersey), è dimostrare quanto la
semplificazione e il dibattito da "tifoseria" che impera al
giorno d'oggi siano nemici di una piena comprensione della
galanteria e del suo ruolo nella società contemporanea:
"Talvolta strumentalizzata per nascondere ogni sorta di
fantasia, talvolta accusata di farci confondere passione e
dominazione maschile, la galanteria suscita opinioni
radicalmente opposte che tuttavia si riuniscono in un'idea
essenziale: la letteratura continua a esercitare un potere sul
nostro immaginario. Ma è paradossale attribuire tanta importanza
a questa eredità culturale e poi trattarla con tanta
leggerezza", scrive Tamas. Tanti gli equivoci nati attorno a
questo fenomeno, ancora molto divisivo, che non è né una forma
di romanticismo né di libertinaggio, usato "come deterrente o
come spalla" da detrattori o sostenitori, in ogni caso spesso
frainteso ma capace di portare alla luce secondo Tamas "i
paradossi che ci attraversano".
Il suggerimento è quello di tornare ad analizzare le origini
della galanteria, quando le donne attraverso questa pratica
sociale diventano finalmente "interlocutrici" degli uomini,
soggetti pensanti in grado di proporre degli scambi paritari e
di scardinare l'ordine patriarcale costruendo una comunità
emotiva nuova: "Anziché subire la legge prima del padre e poi
del marito, le donne sfidano il silenzio imposto loro dalla
morale e dal galateo, trovando nella conversazione uno spazio di
libertà inedito". Dunque è sbagliato, o quanto meno
semplificatorio, considerare la galanteria come un ulteriore
strumento di dominazione nelle mani degli uomini, e usare contro
le donne quelle "armi che hanno favorito una forma di
emancipazione" come lo è stata appunto la retorica galante. La
questione non è chiedersi se sia ancora possibile recuperare la
galanteria (e con essa la dolcezza, la tenerezza, la
raffinatezza, la conversazione come possibilità di
emancipazione) o se sia retrograda, ma proporre un confronto
dialettico per progredire, alla luce delle sfide contemporanee,
trovando "i modi di piacersi e rispettarsi ora che abbiamo
acquisito nuove libertà di amare", nuovi costumi e diritti
acquisiti. La galanteria può aiutare a decostruire stereotipi,
cambiare i rapporti di dominazione e rappresentare una possibile
chiave per una nuova forma di civiltà relazionale: "Affinché
possa nascere una nuova civiltà e cessino i falsi dibattiti si
devono ripensare il regime di sguardi, il piacere nella
conversazione e le opinioni informate - afferma Tamas - Veri
antidoti contro l'ostilità dei social network, la
disinformazione e la polarizzazione, essi potrebbero alimentare
una curiosità per l'altro e ricostituire i legami umani nella
loro complessità".
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