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Avati, 'dai bastoncini di pesce alla regia di 54 film'

Avati, 'dai bastoncini di pesce alla regia di 54 film'

Al regista la laurea honoris causa in Italianistica a Roma Tre

ROMA, 30 ottobre 2024, 18:53

di Francesco Gallo

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Avati, dai bastoncini di pesce alla regia di 54 film - RIPRODUZIONE RISERVATA

Avati, dai bastoncini di pesce alla regia di 54 film - RIPRODUZIONE RISERVATA

"Un consiglio agli studenti? Dentro di te devi sempre pensare di essere il migliore e devi convincertene tu per primo. Quando vendevo i bastoncini surgelati a Bologna dicevo a tutti: voglio fare un film. Un film tu? Ma va là, mi dicevano. E poi ne ho fatti 54. Non bisogna aver paura di essere ambiziosi". Così il regista Pupi Avati all'Università degli Studi Roma Tre dove ha ricevuto la laurea honoris causa in Italianistica e ha tenuto la sua lectio magistralis dal titolo 'Dante' (a cui ha dedicato un film nel 2022). E questo dopo i saluti del Rettore dell'Ateneo, Massimiliano Fiorucci, gli interventi dei docenti Manfredi Merluzzi, Anna Pegoretti e Maurizio Fiorilla e quelli di Anna Maria Bernini, ministra dell'Università e della Ricerca, e Massimiliano Smeriglio, Assessore alla Cultura di Roma.

E ancora Avati il cui ultimo film, L'orto americano, ha chiuso la Mostra del cinema Venezia: "Certo, oggi per me è una grande festa a cui non parteciperà però la persona che ne sarebbe stata più felice. Sto parlando di mia madre che è morta senza avere un figlio laureato. È stato così anche per mio fratello Antonio, che andava anche peggio di me negli studi, e per mia sorella che non ci ha neppure provato". "Quando mi iscrissi all'università per diventare diplomatico ci voleva la laurea in Scienze Politiche che allora era a Firenze. Quando sostenni il primo esame, Storia delle dottrine politiche, il professor Curcio che era una persona molto gentile mi disse: ti faccio cinque domande, se rispondi a tre ti faccio passare. Ma neanche l'ultima domanda sapevo e il professore mi invitò a tornare più preparato. Nel frattempo mia madre a Bologna mi aspettava con una grande festa e io non sapevo proprio come fare. Allora sul treno ho pensato che voto darmi: decisi che il 26 sarebbe stato perfetto. Arrivai a Bologna e fu festa, ma non c'è niente di peggio che essere festeggiato per qualcosa che non hai fatto", racconta. Sul suo futuro dice il regista bolognese: "Ho fatto una docu-fiction su l'ultimo Natale di Benedetto Croce e ho scoperto Napoli, una città davvero meravigliosa rimasta agli anni Cinquanta".

Un altro personaggio storico dopo Dante al quale vorrebbe dedicarsi? "Amerei fare Giovanni Pascoli, un poeta che ha bisogno di essere raccontato perché è sparito da tutti i radar. La sua natura crepuscolare è poi molto vicina alla mia. Anche Bellocchio voleva fare un film su di lui, ma lo sta già facendo Giuseppe Piccioni. Un altro personaggio che andrebbe raccontato per i suoi aspetti inquietanti - continua Avati nell'incontro stampa che precede la cerimonia - è Manzoni. Di lui si sa molto poco, ma basta leggere il diario delle figlie per capire che tipo di padre fosse. Nonostante fosse cattolicissimo, fu un padre molto problematico. Infine, un'altra cosa straordinaria che sto davvero cercando di fare è raccontare la saga dei Rizzoli in cui si vede un'Italia che ha dell'inverosimile. Ora, riuscire a dilapidare un patrimonio così vasto nell'arco di pochissimo tempo è una cosa interessante da analizzare. La ricchezza di Angelo Rizzoli era sconfinata come lo era anche il suo potere. E che dire poi dei figli che hanno cercato di imitarlo e hanno rovinato tutto? È insomma una storia molto bella perché è molto italiana, divisa com'è tra politica e potere. E poi, in questo caso - conclude - ho anche la fiducia della famiglia che mi ha sollecitato a farlo. E questo non è poco".

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