Il Tribunale di Sorveglianza
conferma il diritto di un detenuto ad avere rapporti intimi con
la moglie, senza il controllo della polizia penitenziaria, in
una sorta di 'stanza dell'amore'. Un 44enne di origine campana
(condannato per associazione mafiosa, ritenuto vicino al clan
dei casalesi e in particolare al boss Francesco Schiavone detto
'Sandokan') ristretto nel carcere di Parma in 'alta sicurezza',
ha fatto valere il proprio diritto sancito dalla Corte
Costituzionale con sentenza del 26 gennaio 2024.
A riportarlo è il Resto del Carlino di Reggio Emilia. Il
magistrato di sorveglianza competente di Reggio Emilia, Elena
Bianchi aveva detto sì alla sua prima richiesta, accogliendo il
reclamo presentato dall'avvocato del foro di Reggio, Pina Di
Credico "contro la negazione del diritto all'affettività" che
avrebbe esercitato il carcere di Parma. Il provvedimento, datato
7 febbraio, prescriveva che entro 60 giorni il penitenziario
avrebbe dovuto allestire uno spazio adatto agli incontri. Il
detenuto aveva fatto richiesta il 4 marzo 2024, ma un mese dopo
il carcere rispose negativamente dicendo di essere in attesa di
determinazioni dagli uffici superiori, e poi, nel maggio 2024,
di non avere gli spazi.
La decisione è stata poi impugnata sia dal Dipartimento
dell'amministrazione penitenziaria sia dalla Procura che aveva
sottolineato la "personalità obiettivamente pericolosa del
detenuto, condannato due volte per associazione mafiosa anche
con ruolo direttivo (...) forte del suo mai rescisso legame col
vertice del clan Schiavone", dove risulterebbe inserito anche il
fratello della moglie, pluricondannato. Ma il tribunale di
Sorveglianza ha confermato la decisione, rovesciando il
ragionamento: "Sono proprio gli esiti dell'osservazione
penitenziaria che consentono di confrontare il quadro ai tempi
delle condanne con l'assetto attuale che ben può - e anzi
dovrebbe, se la carcerazione ha un senso - restituire una
persona che ha maturato un'evoluzione. Impedire al condannato di
esercitare l'affettività nei colloqui familiari è disfunzionale
rispetto alla finalità rieducativa della pena".
Riproduzione riservata © Copyright ANSA