"In questi giorni sto depositando il
ricorso contro il mio provvedimento disciplinare, che mi
sospende per tre mesi dall'insegnamento e mi decurta lo
stipendio a metà (in realtà ci sono anche varie pene accessorie,
per cui per esempio non potrò fare l'esame di maturità
quest'anno né l'anno prossimo né con le mie classi né con altre,
e ho gli scatti stipendiali fermi). È un ricorso molto
complesso, ed è complesso per varie ragioni, soprattutto
giuridiche. Si tratta di capire quali sono i confini della
libertà di espressione degli insegnanti e dei dipendenti
pubblici in genere. Per adesso c'è un codice di comportamento
che ho violato, e mi sto attenendo alla sanzione". Lo scrive in
un lungo post sui social lo scrittore e docente Cristian Raimo.
"C'è poi una ricaduta pubblica che - aggiunge - questo caso
ha, al di là delle mie intenzioni. Il fatto che da un mese e
mezzo non vada a scuola è già lì. Questa sanzione ha avuto degli
effetti nell'immaginario, oltre il caso in sé. Di questi effetti
non è facile parlarne, anzi è davvero molto difficile parlare di
libertà di espressione in generale, essendo al tempo stesso, in
qualche modo - ma un po' come tutti - l'oggetto sul vetrino, chi
guarda la lente e chi interpreta quello che sta accadendo nello
spazio pubblico.
Ma la maggior parte dei segni che si vedono non sono buoni, e ci
vuole un po' di lucidità per metterli a fuoco" prosegue Raimo
che poi si sofferma su cinque piani: giuridico, sindacale,
politico, mediatico, "e quello - il più interessante -
linguistico, specialmente quello pragmatico".
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