È un "tema biblico", nonché
"particolarmente delicato", quello dell'ipotesi di fusione fra
la Cassa dottori commercialisti (Cdc) e la Cassa dei ragionieri
(Cnpr), però "non c'è nessuna interlocuzione e nessun dialogo
sul tema" dell'unificazione fra i due Enti pensionistici
privati. A dirlo il presidente della Cdc Stefano Distilli,
rispondendo stamani ad una domanda del senatore di Fi Roberto
Occhiuto, durante l'audizione nella Commissione parlamentare per
il controllo sull'attività degli Enti gestori di forme
obbligatorie di previdenza e assistenza sociale.
"A suo tempo - spiega - era stato sollevato, in base alla
normativa di fusione dei due Ordini" della categoria
professionale economico-giuridica (nel 2005, ndr), "questo tema"
e, a fronte di "tutta una serie di riunioni tecniche, era stato
dimostrato come i sottostanti attuariali non consentivano in
quel momento una fusione, e i dati, poi, successivi dei bilanci
credo lo abbiano confermato". Il presidente, perciò, scandisce
che "non c'è nessuna idea di fusione", osservando come tali
processi di unificazione, qualora vengano realizzati, dovrebbero
avvenire "secondo criteri rigorosi e adeguati. Piuttosto che
salvare un soggetto in potenziali condizioni di difficoltà", va
avanti Distilli, "magari", questo tipo di operazione, "potrebbe
avere il risultato contrario di mettere in difficoltà" entrambi
i soggetti, "come capita spesso nelle società", afferma.
E, ribadendo, infine, che l'idea di fondere le due Casse è una
faccenda "delicata", il vertice della Cdc rimarca dinanzi ai
parlamentari che, "al momento, non vi sono ipotesi allo studio".
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