I giudici del tribunale di
Palermo, presieduti da Franco Messina, hanno dichiarato
prescritta l'accusa di peculato nei confronti del vescovo
emerito che per un'altra ipotesi relativa allo stesso reato è
stato invece assolto. La procura aveva chiesto una condanna a
quattro anni e sei mesi. Secondo l'accusa il vescovo avrebbe
fatto dirottare più di 400mila euro dell'8 per mille della
Chiesa Cattolica in un conto corrente della Diocesi, a cui
accedeva senza la necessità di rendicontazione. Gli episodi
contestati coprono un periodo che va dal 2007 al 2012. Nel 2019
i pm avevano chiesto il rinvio a giudizio perché il Vescovo di
Trapani avrebbe sottratto questi fondi, mettendo "in atto un
disegno criminoso con una serie di azioni realizzate in tempi
diversi". Le indagini erano state condotte dalla guardia di
finanza che aveva aperto il "Caso Curia".
Nel 2012 monsignor Miccichè venne rimosso da Papa Ratzinger
dopo l'ispezione eseguita dal 'visitatore apostolico', l'allora
vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero, e dopo
l'indagine condotta dalla guardia di finanza. Per il reato di
peculato relativo ad un prelievo di duemila euro avvenuto nel
2012 è arrivata l'assoluzione "perché il fatto non sussiste".
"Siamo soddisfatti perché è stato dimostrato che il vescovo
Micciché non si è appropriato di denaro", spiega l'avvocato
Mario Caputo che guidava il collegio difensivo assieme ai
colleghi Francesco Troia e Nicola Mocera. Per i fatti più vecchi
è intervenuta la prescrizione. "Valuteremo se rinunciarvi dopo
avere letto le motivazioni. Abbiamo dimostrato l'innocenza del
vescovo punto per punto grazie al nostro consulente tecnico
Scimone ma prendiamo atti del non doversi procedere per
intervenuta prescrizione", dice l'avvocato Caputo.
La Diocesi di Trapani si era costituita parte civile nel
giudizio.
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