"Dopo il Covid i governi hanno
investito nel servizio sanitario nazionale 15 miliardi in
strutture e infrastrutture. Abbiamo cambiato le Tac, abbiamo
ristrutturato gli ospedali, ma gli investimenti in chi fa
realmente la sanità, negli operatori sanitari, dove sono? Gli
investimenti fatti dal governo hanno recuperato gli arretrati
sui contratti, ma non ci sono stati nuovi investimenti, capaci
di bloccare la fuga dei medici dalla Sanità pubblica". Lo ha
detto il presidente dell'Ordine dei medici di Bari e della
Federazione nazionale degli Omceo, Filippo Anelli, in apertura
del convegno 'Investire nei professionisti sanitari per
garantire la salute della persona' che si è tenuto nel capoluogo
pugliese.
"Oggi viviamo in un mercato europeo. Esercitare fuori
dall'Italia per un giovane medico - ha aggiunto Anelli - vuol
dire avere più considerazione e una retribuzione migliore".
La preoccupazione è "che si vada sempre più verso il
privato", ha rilevato, e "chiediamo al governo di non tradire
lo spirito del 1978 che ha animato una parte importante della
società civile e del mondo medico. Il servizio sanitario
nazionale rappresenta il modo migliore per esercitare la nostra
professione e non vogliamo perderlo".
Il presidente della Federazionale nazionale degli ordini
dei medici ha quindi osservato che "quando Tina Anselmi promosse
la nascita del Servizio Sanitario nazionale nel 1978 aveva
l'idea che la malattia non fosse un problema individuale, ma
dovesse essere a carico della società. Quel diritto alla salute,
che faticosamente è stato conquistato, a fatica oggi riusciamo a
garantirlo". Secono Anelli "quel sistema nato nel 1978 oggi
mostre delle crepe, come il dato rilevato dall'Istat secondo cui
4,5 milioni di cittadini rinunciano alle cure. È come se
un'intera Regione come la Puglia non si curasse più. Questo -
ha concluso - rivela un tradimento della missione del Ssn".
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