Tra gli esperti di economia delle due sponde dell'Atlantico regna un clima di incertezza in merito al potenziale impatto della legge europea in materia di intelligenza artificiale (IA) sul comparto tech in Ue. Secondo un sondaggio realizzato dal Forum for the Kent A. Clark Center for Global Markets del Chicago Booth, solo il 2% degli intervistati si è detto fortemente d'accordo con il fatto che la normativa europea avrebbe costituito uno svantaggio sostanziale per le imprese tecnologiche Ue al confronto con i loro competitor, mentre il 16% si è detto in disaccordo con questa previsione. A prevalere è però l'incertezza, con il 31% degli intervistati indeciso sugli effetti dell'AI Act per il settore tecnologico europeo e il 35% che non fornisce alcuna risposta.
L'economista Olivier Blanchard del Peterson Institute, sottolinea ad esempio, come "la complessità dei compiti necessari per soddisfare il regolamento" possa indurre alcune imprese a "trasferirsi al di fuori dell'Ue". Di tutt'altro tenore la valutazione di Jan Eeckhout, docente alla Upf Barcelona, secondo cui il cosiddetto 'effetto Bruxelles' potrebbe spingere le imprese tech ad "adottare la regolamentazione dell'Ue a livello globale". Più positiva l'opinione degli esperti in merito all'impatto dell'AI Act su ricerca e innovazione: il 24% ritiene, infatti che la legge europea potrebbe rafforzarle, mentre il 6% è in disaccordo con questa previsione e il 2% fortemente in disaccordo. Il numero di indecisi si ferma al 22%, mentre resta invariata la percentuale di chi non risponde. Tra gli scettici, l'economista britannico Franklin Allen dell'Imperial College London secondo cui è "molto difficile scrivere un insieme chiaro di regole per qualcosa di nuovo e dinamico come l'IA". Per il professore della Chicago Booth Christian Leuz, invece, il nuovo complesso di norme sull'IA "limita alcuni sviluppi e innovazioni, il che può essere adeguato a seconda delle esternalità e dei rischi".
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