(dell'inviato Alessandro Castellani)
Un chilo di differenza. E' quello
che dà all'Italia la medaglia n. 31 dell'Italia in questa
Olimpiade. L'ha conquistata, ripetendo il risultato di Tokyo
2020, il siciliano Antonino Pizzolato nel sollevamento pesi, di
bronzo in una categoria diversa da quella in cui gareggiò in
Giappone: allora erano gli 81 kg, questa volta 89. Ma ciò che
conta è che 'Nino' sia salito ancora una volta sul podio,
confermando le previsioni della vigilia che lo davano tra i
favoriti, nonostante i problemi fisici che ne avevano ostacolato
la preparazione per Parigi.
Ce l'ha fatta, si diceva, per un soffio, perché tra strappo
(172) e slancio (212) ha totalizzato 384 chili, che non saranno
i 404 con cui il bulgaro Nasar ha stabilito il nuovo primato
mondiale e si è preso l'oro, ma gli sono bastati per beffare il
moldavo Marin Robu che ne aveva totalizzati 383 e si è piazzato
quarto. E il bello che in un'Olimpiade dai tanti lamenti
italiani a proposito di presunti torti arbitrali e moviole, è
stata propria quest'ultima a dare una grossa mano all'azzurro.
E' successo che alla terza prova dello slancio l'azzurro, che
visti gli sviluppi della gara doveva tentare il tutto per tutto
sollevando 212 chili, si è preso le tre luci rosse dalla giuria,
vedendo vanificati i propri sforzi, dopo aver fallito il primo
tentativo (non è riuscito a completare la girata) ed essersi
visto annullare il secondo. Ma non poteva finire così, e infatti
lo staff azzurro, certo di avere ragione, ha giocato la carta
del challenge e, dopo l'esame al rallentatore dei filmati, si è
visto dare ragione. Questa volta il 'Var' del sollevamento pesi
ha dato ragione all'Italia, perché la giuria tecnica ha
ribaltato il risultato e valutato come buona l'alzata del
siciliano, salito così al terzo posto. Ma prima di festeggiare
ha dovuto attendere che gli altri atleti ancora in gara
terminassero le loro prove, e per sua fortuna sia l'iraniano
Javadi, sia il coreano Yu Dongju, sia l'armeno Karapetyan hanno
fallito i loro tentativi.
Così ecco questa medaglia che è anche un premio alla
sofferenza di un grande atleta, ex testa calda (nel 2018 venne
squalificato per dieci mesi dalla federazione per degli episodi
di bullismo nei confronti di alcuni compagni minorenni)
diventato modello per gli altri ("ora quei ragazzi per me sono
come dei fratelli") e oggi capace di andare avanti nonostante il
dolore. "Ne sentivo tantissimo alla schiena - ha rivelato -, ho
visto in faccia il mio allenatore e abbiamo sofferto insieme:
non potevo rinunciare". "E' stata una gara dura - ha aggiunto -.
Sono molto soddisfatto, anche se rimango ancora con l'amaro in
bocca perché si poteva fare meglio. Per questo già da domani
cominceremo a lavorare per prepararci al meglio per Los Angeles,
per raggiungere il nostro obiettivo". Ovvero quell'oro che,
avendo quasi 28 anni, non smetterà di inseguire: "ci ho messo
anima e cuore, ho dato il massimo in ogni prova, soprattutto
l'ultima. Ringrazio la mia famiglia e tutte le persone che mi
sono state vicine in questi anni di allenamento e di difficoltà
legate all'infortunio". E meno male che c'è la moviola: "la
revisione per la terza alzata? Il regolamento parla chiaro, non
ho piegato il gomito ma la spalla, quindi grazie a loro per il
cambio del giudizio, ma noi credevamo nella validità
dell'alzata". Questa volta, quindi, niente lamentele.
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