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In evidenza
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Leone d'oro alla Biennale d'arte di
Venezia nel 2015 ma anche prima afroamericana ad ottenere una
cattedra al dipartimento di Filosofia della Georgetown
University, intellettuale capace di affrontare temi come razza e
gender già dagli anni '60 ma anche di ritirarsi pubblicamente
dall'essere nera nel 2012, arriva ora al Pac di Milano Adrian
Piper, con una mostra che è la prima retrospettiva degli ultimi
20 anni a lei dedicata in Europa.
'Race Traitor' (questo il titolo dell'esposizione a cura di
Diego Sileo che resterà aperta fino al 9 giugno) è frutto di un
lungo lavoro di ricerca e indagine iniziato nel 2019. Sono più
di cento le opere presenti, che ripercorrono oltre sessant'anni
di carriera: installazioni, video, fotografie, dipinti e disegni
provenienti da musei come il Guggenheim e il Moma di New York,
la Tate Modern di Londra, il Museo di arte contemporanea di
Chicago.
Ad aprire la mostra sono le LSD paintings, opere realizzate
negli anni Sessanta, quando l'Lsd era ancora legale, da una
giovanissima Piper desiderosa di andare a fondo delle cose senza
fermarsi alla superficie. Qui già si trovano alcuni elementi che
hanno caratterizzato il suo lavoro a partire dall'autoritratto,
dall'uso di sé come oggetto dell'arte. Esposti ci sono i
documenti delle sue performance come Some Reflected Surfaces del
1975 in cui appare una versione transgender del suo alter ego
maschile con baffi, parrucca dai lunghi capelli e occhiali da
sole. Sperimentare l'essere qualcuno con la sua storia genetica
(la discendenza africana) ma con un genere e un aspetto diversi
dal suo. È un'opera politica l'installazione Art for the Art
World Surface, dell'anno successivo. Una struttura bianca
cubica, all'interno della quale tutte le pareti sono tappezzate
di immagini di giornali con le atrocità della guerra e della
attualità con sopra la scritta 'not a performance'. La lotta al
razzismo, al sessismo e alla misoginia e poi il processo d
liberazione dalla razza sono protagonisti di una lunga serie di
lavori.
Fra le ultime opere esposte 'Das-Ding-an-Sich bin ich'
installazione realizzata nel 2018 a Berlino, dove vive dal 2005.
Il titolo è una citazione kantiana (La cosa in sé sono io) e
mostra come nell'arte concettuale e minimalista, Adrien sia
riuscita a portare un discorso politico sulla società e
sull'essere umano. E farlo anche con ironia, come in 'Race
traitor' la serie del 2018 in cui accosta il suo autoritratto
con cliché su di sé.
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