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Craxi e la damnatio memoriae, un libro a 30 anni da Mani Pulite

Craxi e la damnatio memoriae, un libro a 30 anni da Mani Pulite

Del giornalista Fabio Florindi e dell'avvocato Roger Locilento

MILANO, 20 agosto 2024, 18:30

Redazione ANSA

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- RIPRODUZIONE RISERVATA

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FABIO FLORINDI E ROGER LOCILENTO, "DAMNATIO MEMORIAE. MANI PULITE E I PROCESSI A BETTINO CRAXI" (libertatesLibri).
    Trent'anni fa Milano fu la capitale della "rivoluzione" che spazzò via la Prima Repubblica. Quella "rivoluzione" si chiamava Mani Pulite e venne attuata da un pool di magistrati che indagarono sui finanziamenti illeciti e la corruzione della politica. A tanti anni di distanza esce un libro che segna una svolta nella bibliografia che finora ha raccontato quell'epoca e i processi a Bettino Craxi. "Damnatio memoriae. Mani Pulite e i processi a Bettino Craxi" (libertatesLibri), scritto dal giornalista Fabio Florindi, esperto e studioso del socialismo, e dall'avvocato Roger Locilento, scandaglia migliaia di carte processuali e ricostruisce l'atmosfera nella quale quelle inchieste maturarono. Quando scattano i processi destinati a cambiare la storia d'Italia, Antonio Di Pietro è pubblico ministero da una decina di anni, ma la sua figura è controversa: all'interno della stessa magistratura c'è chi ritiene che utilizzi metodi "eccessivamente inquisitori". Anche Craxi è divisivo: c'è chi lo apprezza per il suo "decisionismo", ma c'è anche chi gli muove una guerra senza quartiere e lo ritiene il cardine del vecchio sistema da smantellare. La pressione della procura di Milano, e di molta della stampa, è enorme. Alla fine Bettino riceverà qualche decina di avvisi di garanzia e due condanne definitive.
    Ma il metodo di indagine del pool di Mani Pulite è nel mirino di molti: l'accusa è di usare la carcerazione preventiva per estorcere confessioni, di cui a quel punto è lecito dubitare.
    Dall'analisi che i due autori fanno delle carte processuali emerge "un dato inconfutabile": non c'è un documento che inchiodi Bettino, sottolineano, e le sentenze di colpevolezza arrivano sulla base di testimonianze, rese spesso da coimputati che avevano tutto l'interesse a sminuire le loro colpe e che nella stragrande maggioranza dei casi, sfruttando una legge dell'epoca, riferiranno quelle accuse solo ai pm, impedendo alla difesa di contro-interrogarli.
   

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