Quando Saman Abbas uscì di casa a
Novellara per l'ultima volta, attorno alla mezzanotte del 30
aprile 2021, portava uno zainetto sulle spalle. Quando il padre
Shabbar rientrò, circa sei minuti dopo, aveva in mano un
oggetto: secondo la sentenza che lo ha condannato all'ergastolo
per l'omicidio della 18enne si trattava dello zaino della figlia
e rappresentava un indizio a carico. Ma per la difesa non c'è
certezza, anzi, una consulenza tecnica di parte sulle immagini
dei due frangenti, affidata ad un informatico forense, dice che
non c'è compatibilità tra i due oggetti. Per questo, tra le
richieste che il difensore dell'imputato, avvocato Sheila Foti,
pone alla Corte di assise di appello in vista del processo al
via giovedì a Bologna, c'è quella di disporre una perizia per
comparare l'immagine dello zaino di Saman con l'oggetto in mano
al padre.
Davanti ai giudici, oltre a Shabbar, potranno comparire la
madre di Saman, Nazia Shaheen, per la prima volta in aula dopo
l'estradizione in Italia di agosto, anche lei condannata
all'ergastolo dalla Corte di assise di Reggio Emilia. Poi lo zio
Danish Hasnain, condannato a 14 anni e i due cugini della
ragazza, Ikram Ijaz e Nomanhulaq Nomanhulaq, assolti in primo
grado e per cui la Procura ha impugnato. La pm di Reggio Emilia
Maria Rita Pantani e la pg Silvia Marzocchi hanno chiesto una
rinnovazione per poter risentire alcune persone, tra cui il
fratello di Saman, il datore di lavoro dei familiari, Ivan
Bartoli, il perito archeologo forense Dominic Salsarola e il
maggiore dei carabinieri Antonio Pallante.
La Procura, che ha fatto appello anche sul riconoscimento
della premeditazione, chiede poi di acquisire un video
realizzato mettendo in sequenza le varie registrazioni del 29 e
30 aprile 2021, in diversi momenti e da diverse telecamere, così
da rendere possibile una visione di insieme delle mosse dei
familiari imputati nelle ultime ore di vita della giovane. La
Procura chiede anche di poter far entrare nel processo le
condizioni meteo del 29 aprile, documentate da Arpae. Obiettivo
è dimostrare che quel giorno non avvennero fenomeni di maltempo
tali da richiedere lavori eccezionali: così infatti si
giustificarono le difese dei cugini, ripresi con lo zio il 29
con attrezzi in mano. Per l'accusa era la prova che stavano
andando a scavare la fossa per la 18enne, ma la Corte di assise
non ha accolto questa impostazione.
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