Punta di diamante della nuova
generazione di eroine del canto jazz legate alla matrice
afroamericana, Cécile McLorin Salvant nel giro di pochi anni ha
confermato il pronostico fatto in occasione del suo debutto da
Stephen Holden del New York Times: "Se c'è qualcuno che può
portare avanti la discendenza delle tre grandi, Billie Holiday,
Ella Fitzgerald e Sarah Vaughan, è questa giovane virtuosa".
Con il suo concerto, lunedì 28 ottobre alle 21,15 al Teatro
Duse, il Bologna Jazz Festival propone il primo grande live
dell'edizione 2024, da poco iniziata: il concerto di Cécile
McLorin Salvant inaugura quello che sarà un poker musicale
completato poi da Pat Metheny, Mulatu Astatke e i McCoy Legends.
Con la cantante franco-americana saliranno sul palco Sullivan
Fortner al pianoforte, Yasushi Nakamura al contrabbasso e Kyle
Poole alla batteria. Nata nel 1989 e cresciuta a Miami, Cécile
McLorin Salvant ha iniziato lì gli studi di canto classico, per
proseguirli poi in Francia ad Aix-en-Provence, dove si è
trasferita nel 2007. È qui che uno dei suoi insegnanti, il
sassofonista Jean-François Bonnel, la indirizza verso il jazz e
nel 2009 ne patrocina col suo gruppo l'esordio discografico.
Dopo appena un anno dal quel primo passo inaspettato nella
musica jazz si aggiudica la Thelonious Monk International Jazz
Competition, la principale porta di accesso per i giovani
talenti verso le alte sfere del professionismo musicale. Da
allora Cécile ha pubblicato altri sei dischi, conquistando tre
Grammy Award per il miglio disco di jazz vocale (nel 2016 con
For One to Love, nel 2018 per Dreams and Daggers e ancora nel
2019 grazie a The Window) e raggiungendo il primo posto nel
referendum dei critici di DownBeat (nel 2014 con WomanChild e
poi grazie a Dreams and Daggers). Nella sua personale visione
della musica afroamericana, jazz, vaudeville, blues e folk sono
strettamente interconnessi. I temi affrontati nelle canzoni,
spesso ripescate da repertori dimenticati, sono "forti" e
permettono alla sua voce di esibire tutta la sua intensità
interpretativa, sostenuta da un ampio registro il cui perfetto
controllo rivela la formazione classica operistica.
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