Un geniale inventore, certo, ma anche imprenditore, politico, uomo di pace, amico di D'Annunzio, amato dalle donne e padre di famiglia. Tutto questo era Guglielmo Marconi (Bologna, 25 aprile 1874 - Roma, 20 luglio 1937), il padre della Radio e del wireless, ma anche il giovane curioso e visionario. Nel 150/o della nascita a raccontarlo è la mostra Guglielmo Marconi. Vedere l'invisibile, promossa dal Ministero della Cultura e organizzata da Cinecittà e Archivio Luce, con il patrocinio e il contributo del Comitato Nazionale Marconi 150 e la collaborazione della Fondazione Guglielmo Marconi, in programma dall'8 novembre al 25 aprile 2025 nel complesso del Vive - Vittoriano e Palazzo Venezia.
"Una mostra non semplice - racconta la sottosegretaria alla Cultura, Lucia Borgonzoni - perché Marconi a lungo è stato un po' dimenticato, soprattutto in Italia. Siamo pieni di strade, piazze e aeroporti a lui intitolati, ma non tutti sanno chi fosse e cosa ha fatto. Da anni ritengo che questa figura andasse restituita anche al nostro Paese. Marconi - spiega - non solo immaginò le onde hertziane, ma depositò 60 brevetti, il primo da giovanissimo. Veniva da una famiglia di imprenditori del whiskey, fece cose inimmaginabili. Riuscì a vedere 'oltre'. È stato l'uomo senza il quale oggi non esisterebbe nulla". La mostra, divisa in otto sezioni, dalla gioventù alla conquista transatlantica, ne mette in luce il profilo di startupper e quello di uomo di Stato, senza tralasciare il suo legame con il mare né la straordinaria eredità. In tutto, racconta la presidente di Cinecittà Luce, Chiara Sbarigia, "sono centinaia di documenti, foto, reperti, filmati, con ben 34 enti prestatori" (tra i quali anche la Bodleian Libraries di Oxford, il Maeci, il Museo Storico della Comunicazione di Roma, l'Accademia dei Lincei, la Marina Militare, l'Esercito Italiano e l'Aeronautica Militare) e anche, aggiunge il nipote Guglielmo Marconi, "alcuni beni personali suoi e di nonna Maria Cristina". L'invito è "a vedere Marconi come figura storica, immersa nella storia - spiega la presidente della Fondazione Marconi e del Comitato per il 150/o, Giulia Fortunato -. La sua soffitta a Villa Griffone è antesignana del garage della Silicon Valley, Nel 1895 lanciò il primo segnale wireless e nel 1909 vinse il Nobel, lo stesso anno del Manifesto Futurista: sono tante le storie che si intrecciano". "Non a caso Steve Jobs disse: 'lui è le radici, noi siamo i rami'", aggiunge Padre Paolo Benanti, presidente della Commissione sull'IA per l'informazione della presidenza del Consiglio, ricordando l'invenzione del "radiofaro, con cui nell'invisibile si poteva vedere la rotta sicura".
La mostra, dove il 7 novembre andrà anche la figlia Elettra Marconi, "è la giusta celebrazione di un genio italiano, non solo per aver rivoluzionato il mondo, ma anche per aver unito creatività italiana e impresa". Ma Marconi ha forse ha pagato negli anni i suoi legami con il fascismo? "Sicuramente è vero che gli imprenditori sono filogovernativi e Marconi non poteva non esserlo dopo che nel 1914 lascò l'Inghilterra tornando in Italia - risponde lo storico Giovanni Paoloni - Ma era anche al vertice dell'organizzazione culturale del fascismo. Riuscì a convincere Mussolini che solo lui avrebbe potuto garantire le tecnologie di cui l'Italia necessitava. Alla sua morte, il Fascismo lo salutò con un imponente funerale di Stato, chiedendo ai comuni di intitolargli strade e piazze e creando subito la Fondazione. Insieme a Dino Grandi, Marconi era però uno degli esponenti del regime che si opponevano all'Alleanza con la Germania ed era l'unico che poteva dire a Mussolini ciò che pensava. Diciamo che l'Italia non ha dimenticato Marconi, ha rimosso una parte della sua storia legata all'Accademia d'Italia".
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