(Di Nicola Pirrone)
"Who am I?", "Io non saprò mai
chi sono. - Ai Weiwei risponde così alla domanda che dà il
titolo alla mostra - Ogni giorno sono una persona nuova,
diversa. Altrimenti non vivrei". "Ai Weiwei. Who am I?" è il
primo risultato della collaborazione da poco instaurata tra la
Fondazione Carisbo di Bologna e la fiorentina Opera Laboratori
che ha preso in gestione gli spazi museali del progetto
culturale Genus Bononiae: una mostra dedicata all'artista e
attivista cinese Ai Weiwei tra installazioni, sculture, video e
fotografie che riempiono, da domani e fino al 4 maggio prossimo,
lo storico Palazzo Fava di Bologna. Curata da Arturo Galansino e
ispirata da una conversazione dell'artista con l'intelligenza
artificiale, la mostra presenta il maestro cinese in una
tensione continua tra tradizione e sperimentazione, oltre
cinquanta opere che si possono ammirare a partire dallo scalone
fino alle sale monumentali, sotto gli affreschi del Cinquecento
dei Carracci e dalla loro scuola.
Artista tra più influenti del nostro tempo e da sempre
impegnato nella difesa dei diritti umani, Ai Weiwei con le sue
opere, in bilico tra Cina e Occidente e tra passato e presente,
tocca temi scottanti come la libertà di espressione e di
informazione, le crisi geopolitiche, i cambiamenti climatici, le
migrazioni: "Anch'io sono un migrante, lo sarò sempre - spiega -
Lo sono stato fin dalla nascita, poiché mio padre venne
esiliato. Qual è il ruolo del migrante?" si chiede poi
l'artista: "Sta alla politica dare una risposta. La politica non
dovrebbe mai creare guerre, altrimenti non si potrà mai fermare
questa tragedia".
Caratteristica della mostra è dunque anche la
contrapposizione tra i miti greci e romani dipinti nei cicli
carracceschi e le favole e le leggende della cultura cinese: tra
le storie di Giasone e Medea e le avventure di Enea ci sono le
sculture-aquiloni raffiguranti gli animali fantastici tratti dal
bestiario del Classic of Mountains and seas, il più antico testo
mitologico cinese, risalente al III secolo a.C., una riflessione
sulla storia e sull'antichissima identità culturale cinese
spazzata via dalla Rivoluzione Culturale, e che porta a un
confronto con la Cina attuale che crea mostri per controllare la
popolazione.
Alla cancellazione della memoria storica in Cina nella
seconda metà del Novecento si riferisce poi il trittico
fotografico Dropping a Han Dynasty Urn. Mentre di antiche
vestigia si compone l'installazione White Stones Axes,
costituita da centinaia di asce neolitiche, che invitano a
riflettere su cosa significhi l'avanzamento della civiltà.
Anche Left Right Studio Material denuncia la persecuzione
subita dall'artista in patria. "Le mie cosiddette opere d'arte -
racconta ancora Ai Weiwei - sono tutte frutto dei miei pensieri
e delle mie emozioni. Non mi pento di averle create. Riflettono
autenticamente i miei veri sentimenti e le circostanze in cui mi
trovavo in quei momenti, strettamente legati con le mie
esperienze e la mia educazione".
Grandi protagoniste sono le opere composte da mattoncini
Lego, che riprendono, mutandole ironicamente, alcune importanti
opere della tradizione pittorica occidentale. In mostra diversi
capolavori della pittura rinascimentale, barocca e moderna
subiscono questa irriverente trasformazione, come la Venere
dormiente di Giorgione, a cui Ai Weiwei aggiunge una gruccia per
ricordare gli aborti autoindotti prima della legalizzazione
dell'interruzione di gravidanza o l'Ultima Cena di Leonardo da
Vinci, dove il personaggio di Giuda ha le fattezze dello stesso
Ai Weiwei. Direttamente ispirate alla tradizione pittorica
bolognese e realizzati espressamente per la mostra a Palazzo
Fava, sono invece gli ironici rifacimenti dell'Atalanta e
Ippomene di Guido Reni, dell'Estasi di Santa Cecilia di
Raffaello e di una Natura Morta di Giorgio Morandi.
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