(di Michela Nana)
Immigrato, rifiutato, schedato
dalla polizia, censurato dalla nazione che lo ha visto crescere
e raggiungere il successo, la Francia. Anche questa è stata la
vita di Pablo Picasso che giovanissimo ha lasciato la Spagna,
dove era nato a Malaga nel 1881, per arrivare a Parigi dove
sarebbe diventato il più grande artista vivente.
La Francia non gli ha mai concesso la cittadinanza e per
questo Picasso si è sentito sempre uno straniero. Questo tema
ancora molto attuale raccontano le oltre 90 opere, ma anche
fotografie, video e documenti, in mostra a Palazzo Reale di
Milano per l'esposizione 'Picasso lo straniero', che arrivano
per la maggior parte dal Musée National Picasso-Paris. Nelle
mostre "di solito non si mette un capolavoro accanto ad un
documento di archivio - ha spiegato Annie Cohen-Solal, curatrice
scientifica del progetto espositivo - ma lo abbiamo fatto perché
pensiamo che la storia dell'arte deve essere anche sociale.
Dietro l'artista c'è anche una persona che soffre, di cui magari
la polizia ha una foto".
Le opere esposte per la prima volta in Italia sono circa 40
come 'La lettura della lettera', che testimonia quanto le
amicizie abbiano aiutato Picasso nella sua condizione di perenne
straniero a Parigi. "È riuscito nella sua carriera anche grazie
alla rete di amici, alla solidarietà e all'aspetto cosmopolita
della città", ha osservato infatti Cécile Debray, presidente del
Musée Picasso.
A luglio del 1931, il commissario di polizia che rilascia a
Picasso la carta di identità a uso degli stranieri, vi appone a
lettere cubitali, con un grosso timbro nero, la dicitura
"Spagnolo". Nel 1938, vengono aggiunte le impronte digitali, e
Picasso reagisce alla sorveglianza imposta dalla polizia
rielaborando il mitologico Minotauro, una figura fragile e
simultaneamente potente, il suo alter ego. È del 1940 invece il
gran rifiuto alla domanda di naturalizzazione chiesta
dall'artista, mentre nel 1929 il Louvre aveva rifiutato niente
meno che la donazione de Les Demoiselles d'Avignon. Così Picasso
quando dipinge lo fa catturato e ispirato dal popolo, quello dei
bassifondi della città, che forse sente vicino a sé, reietto lui
e anche loro.
Simbolo della mostra è forse il Plat aux trois visages, che
mostra a destra, un profilo classico, che potrebbe essere quello
del cittadino autoctono; a sinistra, il profilo dello
straniero; al centro il volto del métoikos, cioè dello straniero
che risiede in una città ma non ha diritti politici. E così si è
sempre sentito Picasso che in Francia ha passato tutta la sua
vita.
"È un Picasso che fa pensare dentro la mostra ma anche fuori
- ha detto l'assessore alla Cultura del Comune Tommaso Sacchi -,
è un'esposizione che abbiamo deciso di inserire nella
programmazione per la valenza politica che ha".
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