"Alla globalizzazione che spinge su
quantità, meno qualità e riduzione dei prezzi alla produzione,
dovremmo rispondere con importanti politiche di differenziazione
dei prodotti, sostegno alle imprese e vera comunicazione per
biodiversità, artigianalità e sostenibilità. Occorre fare
pendere la bilancia della giustizia alimentare nella giusta
direzione". Così il professor Vincenzo Peretti, docente di
Genetica Veterinaria nell'Università Federico II di Napoli e
direttore scientifico del Consorzio di tutela del Provolone del
Monaco Dop, interviene sul tema delle sfide per 'un cibo del
futuro' anche in vista del G7 Agricoltura e Pesca in programma
in Sicilia dal 21 settembre.
"Dobbiamo ritornare a lavorare i 'nostri' terreni. Troppa
terra è rimasta abbandonata e incolta" afferma il docente
secondo il quale "occorre ripopolare le montagne, salvaguardare
il mare e le specie marine". In altre parole, "si deve ritornare
ad allevare e coltivare in modo sostenibile. Mangiare
sicuramente meno carne e di qualità, evitare 'mode' alimentari,
seguire le stagioni, pagare il giusto, non pretendere di vedere
nei prodotti al banco il 'bello, luccicante e colorato'". A
parere dell'esperto bisogna "comprare, da filiere garantite,
alimenti locali e visitare di persona le aziende produttrici;
certo non è possibile farlo tutti i giorni, ma periodicamente
si, l'aria di campagna e di mare fa bene". In poche parole,
ritornare a mangiare attraverso i 5 sensi e riscoprire il cibo
vero.
L'analisi del professor Peretti parte dalla considerazione
che i sistemi alimentari rappresentano la grande sfida per il
benessere sociale: il tema è la programmazione di un futuro
senza problemi di nutrizione, salvaguardando al tempo stesso la
salute degli ecosistemi, la sicurezza alimentare, la cultura e
il paesaggio. Tutto questo "senza perdere di vista temi
fondamentali come la riduzione della biodiversità, il consumo
idrico, le emissioni di gas serra e l'inquinamento delle falde
che conducono diritti all'esatto opposto dei risultati da
ottenere". Alla base di tutto c'è il comportamento del singolo
individuo. Le decisioni su cosa mangiare consentono di orientare
la produzione in quella direzione. Ogni scelta ha un impatto
diverso sulla salute del pianeta. "Il cibo è un bene primario,
non solo necessario, ma anche legato a cultura e tradizioni -
sostiene Peretti - Il nostro modello di produzione è cambiato
molto nel tempo e oggi sappiamo che il sistema legato ad
agricoltura industriale e allevamento intensivo è al tempo
stesso vittima e carnefice dei cambiamenti climatici, e causa di
impatti pesanti per ambiente, biodiversità e salute".
"Il declino di impollinatori come le api, l'inquinamento di
acqua, suolo e aria, la deforestazione, il consumo di risorse
primarie, i pesticidi, gli Ogm, l'uso di antibiotici,
l'incremento di epidemie, la mancanza di benessere animale sono
tutte facce della stessa medaglia: la produzione intensiva di
cibo, dove la maggior parte dei guadagni non arrivano certo ai
coltivatori e nemmeno agli allevatori oppure ai pescatori"
evidenzia l'esperto. In conclusione: "Non serve seguire mode ma
semplicemente conoscere quello che si sta mangiando e ridurre il
consumo di alimenti a grosso impatto ambientale. Non servono
leggi, basta volerlo".
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